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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2011 alle ore 06:43.

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La sfida alla rivale Condè Nast è già stata lanciata. Dopo l'acquisizione delle attività editoriali di Lagardere, il gruppo Hearst si appresta a diventare il secondo editore al mondo nei periodici, dopo Time Inc. Una sfida complessa per un settore, come quello publishing, in costante sofferenza e alla ricerca della formula "magica" per dare un po' di sprint ai fatturati delle aziende, sempre più "patiti" a causa della diaspora dei lettori verso i lidi dell'online, ancora poco profittevoli.
Lo shopping del colosso americano sulle attività di Lagardere è costato a livello globale 651 milioni, per un totale di cento testate e 50 siti internet in quattordici Paesi del mondo: cifra nella quale ricade anche l'acquisizione dell'italiana Hachette Rusconi (e di riviste storiche e marchi di pregio come Gente, Gioia, Elle, Decor Italia e Marie Claire), che conta nel nostro Paese 450 dipendenti e che l'anno scorso ha fatturato 115 milioni di euro ai quali si sommano altri 30 milioni della divisione international advertising. Altro particolare: il 30 giugno gli americani hanno riportato a casa anche Cosmopolitan, la testata che possedevano in joint venture al 50% con Mondadori e che ora passa a tutti gli effetti sotto il "cappello" della Hearst Editoriale Srl.
«Il mercato italiano dell'editoria è molto forte, nonostante le normali difficoltà di un comparto in via di trasformazione – racconta Duncan Edwards, il numero uno di Hearst Magazine International, in Italia da ieri insieme con il ceo mondiale Frank Bennack – così come credo che la stessa economia del vostro Paese sia, nel contesto del Sud Europa, particolarmente vantaggiosa. Noi eravamo interessati a una diversificazione importante dei nostri ricavi, per diventare sempre più internazionali e andando a trovare opportunità anche in regioni come Cina e Russia, dove l'editoria di carta cresce a doppia di cifra senza per questo togliere appeal all'informazione sul web».
L'Italia rappresenta per un gruppo come Hearst la via d'accesso privilegiata al mercato pubblicitario della moda e del design, con tutto il suo ricco "parco" di investitori. «Diciamo che in questa acquisizione c'è l'ingresso, quasi la presa di posizione, su un intero Paese – racconta Giacomo Moletto, amministratore delegato e direttore generale di Hearst Magazine Italia – e basti pensare che la divisione italiana che raccoglie pubblicità per le edizioni internazionali di Elle fa quasi il 60% della sua raccolta proprio qui da noi, sbancando soprattutto su fashion e arredamento».
Ma il punto è anche capire se, sul fronte occupazionale, ci saranno nuovi tagli. Per la vecchia Hachette Rusconi scade il prossimo novembre il biennio d'intervento degli ammortizzatori sociali, con un piano che ha previsto il pre-prensionamento di 17 giornalisti, mentre entro questo mese partiranno gli "esodi" per gli impiegati grafici-editoriali. Nuovi tagli, quindi? «No – risponde Edwards – niente di più e niente di diverso dalle procedure in scadenza già finalizzate nel passato, senza contare che il progetto è quello di svilupparsi e andare con le nostre testate sempre più nella direzione della qualità, che poi è un modo per conquistare lettori da un lato, ma anche di allettare gli inserzionisti dall'altro».
Sviluppo potrebbe anche voler dire nuove testate, anche se in questo momento l'intenzione del management italiano sembra più focalizzata sui marchi esistenti, nonostante i rumors delle ultime settimane su una possibile edizione italiana di Esquire. «Non è un'ipotesi che nel breve, così come nel medio periodo, ci sentiamo di sostenere – dice Moletto – perché la priorità è la tutela dei periodici esistenti».
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