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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 08:03.

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I "fondamentali" dell'Italia non sono cambiati: i conti pubblici sono peggiorati meno della media europea durante la crisi e l'entità del risanamento per raggiungere il pareggio di bilancio è modesta rispetto agli sforzi richiesti a Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. La crescita italiana è cronicamente debole ma quando abbinata a un forte e permanente aumento del costo del debito dell'1-1,5%, dopo l' impennata dei rendimenti, il debito/Pil può comunque inforcare una traiettoria virtuosa e calare.

Il 50% dei titoli di stato italiani è detenuto dai residenti, e quindi al riparo da ondate speculative estreme, mentre il debito privato e finanziario è contenuto e molto più basso di quello di molti stati europei, periferici e core. È quanto hanno ricordato ieri gli analisti, economisti e strategist di alcune grandi banche. Quel che è peggiorato, riconoscono, è il "market sentiment" sull'Italia in un contesto di altissima tensione internazionale causata dall'irrisolta crisi greca. È proprio rivolgendosi all'emotività e agli impulsi irrazionali di chi sta vendendo BTp a qualsiasi prezzo che ieri Deutsche bank, Goldman Sachs, Royal bank of Scotland e Bnp Paribas hanno ricordato alla clientela i punti di forza dell'Italia, stemperando la negatività che si addensa sui titoli di stato italiani.

Deutsche bank ha precisato che «un aumento degli interessi sul debito di breve durata non manda i conti pubblici italiani fuori controllo, nonostante l'alto debito/Pil». Storicamente, è la tesi DB, l'Italia ha sostenuto oneri sul debito molto più alti in percentuale del Pil e delle entrate: il debito/Pil è calato dal 124,8% del 1994 al 103,6% del 2003 quando la crescita nominale del Pil era del 4,78%, gli interessi sul debito del 7,05% e un avanzo primario in media del 4,3% con misure una tantum per 25 miliardi. Il debito/Pil italiano, ricordano a Deutsche bank, è salito dal 2008 al 2010 del 12,7% contro il 15,2% della media dell'eurozona, il 23,8% degli Stati Uniti e il 25,6% del Regno Unito: con un Pil nominale al 3,3% per i prossimi 20 anni, un interesse sul debito del 5,2% e un avanzo primario del 2,6% il debito/Pil italiano dovrebbe tornare al 110% per il 2030. «Da un punto di vista dei fondamentali, non c'è motivo di panico sull'Italia e le recenti ondate di vendita appaiono esagerate ma ora è l'emotività che ha in mano il timone», ammettono a DB.

Una simile analisi l'ha fatta Goldman Sachs, che ha approvato la manovra sotto vari punti di vista: rafforzata per entità, anticipata per alcune misure e approvata in tempi record. L'Italia deve ora intensificare le privatizzazioni e rilanciare le riforme strutturali per la crescita. Ma «gli interventi dei singoli Paesi sono solo parte di una soluzione che per placare i mercati dovrà essere europea». GS riconosce che sul mercato «una crescita nominale potenzialmente debole ha accresciuto le preoccupazioni del mercato sul cosiddetto "effetto denominatore negativo" come è accaduto per Portogallo e Irlanda». A questo riguardo gli analisti di Goldman Sachs sostengono che un aumento del costo del debito pubblico dal 4% al 5,5% per il 2017, con prospettive di crescita invariata, ancora consente all'Italia di portare il debito/Pil sotto la soglia del 100% attorno al 2026. Il costo del debito può salire fino al 6,7% su base permanente senza far schizzare all'insù il debito/Pil. Persino con una crescita reale all'1,8%, con un costo del debito schizzato al 7%, per GS è possibile evitare l'esplosione del debito/Pil.

Stando sull'attualità, Royal bank of Scotland ha confezionato uno stress test bancario più severo di quello dell'Eba ma ha previsto un recupero di capitale sui titoli di stato italiani al 75%. «Non siamo aggressivi per un paese con un debito/Pil al 120%. Il fatto che i titoli di stato italiani siano posseduti da italiani ci fa ben sperare e prevediamo che l'Italia già da quest'anno abbia un avanzo primario», ha puntualizzato Rbs. BnpParibas infine ha riportato che dopo l'approvazione della manovra le tensioni politiche all'interno della maggioranza e del governo sembrano attenuarsi. Ma lo scoglio dell'instabilità politica, per la comunità internazionale, resta una delle principali minacce di naufragio per l'Italia. (I. B.)

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