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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2011 alle ore 08:32.

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Entra nel cosiddetto "periodo di raffreddamento" la procedura, ex articolo 19 del contratto nazionale, di Intesa Sanpaolo per il contenimento del costo del lavoro, previsto dal piano d'impresa 2011-2013. Come anticipato ieri dal Sole 24 Ore, alla scadenza, il 19 luglio, la procedura si è chiusa senza la sigla di un accordo tra le parti ma non con una rottura del tavolo delle trattative. Adesso si entra nella fase due, quella inaugurata dalla lettera che il direttore delle risorse umane di Intesa Sanpaolo, Marco Vernieri, ha inviato alle delegazioni sindacali di gruppo e alle segreterie nazionali.

Si mobilitano le diplomazie nazionali per accelerare quel punto di equilibrio nel negoziato che potrebbe portare alla firma dell'accordo. Agostino Megale della Fisac Cgil spiega che «il negoziato con Intesa Sanpaolo riprenderà la settimana prossima e l'obiettivo sarà ricollocare al lavoro il maggior numero possibile di lavoratori». Per il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, invece, chiudere la procedura in questo modo «è una grave frattura». Serve che la banca «garantisca un sistema di uscite incentivate per i dipendenti in esubero».

La lettera di Vernieri ai sindacati riassume con chiarezza le tappe del negoziato, avviato dopo la presentazione del Piano di impresa del gruppo che, nella parte relativa alle risorse umane, prevede 3mila posizioni in esubero e 5mila lavoratori da riconvertire su ruoli commerciali. La presentazione risale all'11 aprile, il negoziato si è sviluppato in 7 giornate, «nell'intento di individuare soluzioni e/o misure e/o strumenti atti, anche in concorso tra loro a ridurre il più possibile le prevedibili conseguenze sul piano sociale – scrive Vernieri – delle azioni finalizzate a ridurre il costo del lavoro per renderlo compatibile con gli obiettivi di cost/income stabiliti dal Piano di impresa». Intesa Sanpaolo, arrivata alla bozza di accordo quadro, però, spiega che «non è stato possibile raggiungere alcuna positiva convergenza», e per questo prende atto «della situazione come venutasi oggi a determinare» e notifica ai sindacati che «la procedura ex art. 19 ccnl deve considerarsi conclusa, purtroppo, senza accordo tra le parti».

A questo punto la domanda è: e adesso? L'azienda dice di dover avviare «le procedure necessarie per l'imprescindibile obiettivo di contenimento del costo del lavoro previsto dal piano di impresa in atto». Ferma nel messaggio, ma pacata nel tono, la missiva contiene tra le righe una sferzata al sindacato. In altre parole, l'accordo non c'è, per ora, ma il gruppo va avanti con il piano di impresa. In attesa della prossima mossa del sindacato. Così sono già stati individuati circa 2.450 dipendenti che hanno maturato o matureranno di qui al 2013 il diritto alla pensione. Come spiega Giuseppe Milazzo della Fabi, «le organizzazioni sindacali chiedono che gli esodi siano volontari e incentivati, mentre l'azienda ha chiesto l'uscita obbligatoria per chi è pensionabile. L'azienda garantisce la libertà di adesione alle uscite solo ai 500 dipendenti con i requisiti per il pre-pensionamento e che potrebbero accedere al fondo di solidarietà». Alla richiesta di esodi volontari per tutti, Milazzo aggiunge anche quella di rimpiazzare le uscite con «le assunzioni dei precari del gruppo e dei giovani con il contratto di solidarietà espansivo».

Intanto ieri, Intesa Sanpaolo ha adottato un nuovo sistema di incentivazione per gran parte del management, in linea con la direttiva di Banca d'Italia dello scorso aprile, e che sostituisce il piano di incentivazione a lungo termine dello scorso anno. Il Piano precedente già rispondeva a buona parte dei criteri previsti dalla nuova normativa, tra i quali gli incentivi legati all'effettiva creazione di valore nel medio periodo e il bilanciamento tra la componente fissa e quella variabile. La differenza più significativa riguarda l'introduzione di una parte della componente variabile della retribuzione costituita da azioni. Il sistema proposto prevede che almeno il 50% della componente variabile della retribuzione debba essere pagata in azioni o strumenti ad esse collegati.

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