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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 08:54.

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Emergenza giovani al Sud: occupati solo tre su dieciEmergenza giovani al Sud: occupati solo tre su dieci

Il Mezzogiorno fatica ad archiviare la crisi, perdendo ancora terreno rispetto al Centro-Nord più dinamico nella reazione, e paga il prezzo più salato in termini di impatto sociale. La Svimez, nelle anticipazioni al rapporto 2011, mette in evidenza i 280mila posti di lavoro persi nel Mezzogiorno nel biennio 2008-2010, quasi il 60% della diminuzione nazionale, un'emorragia da attribuire interamente alle fasce giovanili. Solo 3 persone su dieci, tra 15 e 34 anni, sono occupate, con un divario di 25 punti rispetto al Nord del Paese. È un tributo pesantissimo alla crisi, che la Svimez esamina privilegiando il dato sull'occupazione rispetto a quello della disoccupazione, per certi versi superato dal fenomeno dello scoraggiamento.

Il tasso di disoccupazione, infatti, si è attestato nel 2010 al 13,4% al Sud rispetto al 6,4% del Centro-Nord. Ma mentre in quest'ultimo caso la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro, nel Mezzogiorno alimenta l'area dell'inattività ed il lavoro irregolare. Secondo la Svimez, considerando anche i lavoratori che usufruiscono della Cig e chi non cerca il lavoro attivamente, si produrrebbe un "tasso di disoccupazione corretto" del 25,3% al Mezzogiorno e del 10,1% al Centro-Nord. Il fenomeno del disagio giovanile, accompagnato dal ritorno dell'emigrazione verso Nord, è considerato ancora più preoccupante alla luce della condizione di Neet (non studio e non lavoro) che al Sud riguarda ormai quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati, tra i 15 e i 34 anni, che non lavora e nel contempo ha abbandonato il sistema formativo.

Le difficoltà del lavoro al Sud si innestano, secondo i dati Svimez, in un contesto di ripresa ancora frenata. L'intero Paese «ha superato la fase più profonda della recessione, sebbene con maggiore lentezza degli altri Paesi europei». Il recupero è stato dell'1,3% rispetto ai 6,5 punti persi nel biennio precedente, ma la ripresa del 2010 è stata molto più sostenuta nel Centro–Nord (1,75) che al Sud (0,2%). A conti fatti il divario si è allargato – il Pil del Sud è stato pari al 30,9% di quello del resto del Paese rispetto al 31,3% del 2007 – con l'accentuarsi delle difficoltà di spesa delle famiglie meridionali. Nel 2010 l'incremento dei consumi è stato infatti appena dello 0,4% rispetto all'1,3% nel resto del Paese. Nel complesso, arrivano segnali di vivacità degli investimenti ma al netto delle costruzioni, che fanno segnare un calo del 4,8 per cento. Nel triennio di crisi, la riduzione degli investimenti nel settore è arrivata al 16% anche, sottolinea la Svimez, «per la forte riduzione delle risorse in conto capitale dei fondi aggiuntivi per il Mezzogiorno», il famigerato Fas. Spicca invece il dato positivo dell'agricoltura con un aumento del valore aggiunto dell'1,4%, il doppio rispetto al Centro-Nord.

L'analisi Svimez scompone poi l'andamento del Pil su scala regionale. Solo Abruzzo (2,3%), Sardegna (1,3%) e Calabria (1%) fanno segnare il segno positivo. Campania e Puglia, che avrebbero dovuto rappresentare il motore produttivo meridionale, mettono invece a segno il terzo anno consecutivo di flessione.

Superfluo osservare, commenta il presidente della Svimez Adriano Giannola, che la crisi rimette al centro dell'agenda il ruolo del Sud come motore di crescita inespresso. «Serve una politica di sviluppo specifica che punti sulla fiscalità di vantaggio, su misure di sostegno ai redditi e sulla ripresa di una politica industriale attiva». Il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, ricorda il percorso che porta ora, dopo diversi ostacoli, a sbloccare «circa 7,5 miliardi di Fas per aprire cantieri che valgono complessivamente oltre 19 miliardi di euro».

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