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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2011 alle ore 16:31.

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CAMBRIDGE – Sicuramente viviamo in un’età post-industriale, in cui l’information technology, la biotecnologia e i servizi di alto valore sono diventati propulsori di crescita economica, ma i Paesi non si rendono conto che la salute delle loro industrie manifatturiere è in pericolo.

I servizi high-tech richiedono grandi abilità e creano pochi posti di lavoro; è per questo motivo che il loro contributo all’occupazione aggregata è assai limitato. Il manifatturiero, invece, può assorbire un ampio numero di lavoratori con competenze moderate, fornendo così un’occupazione stabile e buoni benefici. Per la maggior parte dei Paesi rappresenta quindi una potente risorsa di impiego in grado di garantire un alto salario.

In effetti, il manifatturiero è il settore in cui prendono forma e crescono i ceti medi del mondo. Senza una vibrante base manifatturiera, le società tendono a dividersi tra ricchi e poveri, ossia tra coloro che hanno accesso a posti di lavoro stabili e ben pagati e coloro che hanno posti di lavoro meno sicuri e vivono nella precarietà. Forse il manifatturiero riveste un ruolo cruciale nel mantenere in una nazione la forza della democrazia.

Gli Stati Uniti hanno sperimentato una costante deindustrializzazione negli ultimi decenni, in parte dovuta alla competizione globale e in parte ai cambiamenti tecnologici. Dal 1990 la percentuale di occupati nel manifatturiero è scesa di quasi quattro punti percentuali. Ciò non sarebbe stato necessariamente un dato negativo se la produttività lavorativa e gli utili non fossero stati sostanzialmente più alti nel manifatturiero (ben il 75%) che nel resto dell’economia.

Sono diversi i settori collegati ai servizi che hanno assorbito i lavoratori passati dal manifatturiero. Per quanto riguarda i settori più specializzati, finanza, assicurazioni e servizi per le imprese registrano complessivamente livelli di produttività simili al manifatturiero. Questi settori hanno creato nuovi posti di lavoro, ma in numero limitato – e comunque prima che scoppiasse la crisi finanziaria nel 2008.

La maggior parte dei nuovi posti di lavoro rientra nei servizi personali e sociali, che corrispondono ai posti di lavoro meno produttivi dell’economia. In America questa migrazione di posti verso un basso livello della scala di produttività toglie, ogni anno dal 1990, alla crescita produttiva una percentuale dello 0,3, che corrisponde a un sesto della produttività registrata in questo periodo. La crescente proporzione di lavoro a bassa produttività ha altresì favorito l’aumento dei livelli di diseguaglianza nella società americana.

In America la perdita di posti di lavoro nel manifatturiero ha subito un’accelerazione dopo il 2000, che ha messo sul banco degli imputati la competizione globale. Come ha dimostrato Maggie McMillan dell’International Food Policy Research Institute, esiste una strana correlazione negativa nei singoli settori del manifatturiero tra i cambiamenti sul fronte occupazionale registrati in Cina e quelli registrati negli Usa. Laddove la Cina si è espansa maggiormente, gli Usa hanno perso il maggior numero di posti di lavoro. Nei pochi settori in cui la Cina ha evidenziato una contrazione, gli Usa hanno guadagnato terreno.

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