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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2011 alle ore 06:37.

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OKAYAMA. Dal nostro inviato
La bandiera italiana sventola davanti alla sede centrale di un'azienda tecnologica giapponese. «Qualche volta entra qualcuno e chiede: dov'è il ristorante-pizzeria?», dice la ragazza alla reception. Basta un equivoco del genere a evidenziare quanto sia raro che un gruppo italiano acquisti un'intera azienda giapponese e ci pianti l'insegna nazionale. In direzione contraria, invece, il fenomeno sta prendendo piede ed è culminato la settimana scorsa con il maxi-acquisto di Permasteelisa da parte di Js Group.
A conquistare la rivale giapponese è stata invece la Eurotech di Amaro (Udine), multinazionale tascabile dei nano-pc e degli Hpc (High performance computer), che da quattro anni controlla Advanet, specializzata nei pc embedded. Il quartier generale e la ricerca di Advanet stanno a nord, la fabbrica a sud della città di Okayama, 730 km a sud-ovest di Tokyo. Cosa è cambiato alla Advanet con un padrone italiano? I manager nipponici, davanti al ceo del gruppo Roberto Siagri, non si sbilanciano: «Molto. Abbiamo scoperto il vino, dopo essere stati in Friuli». Un ragazzo chino davanti al computer non si distrae un secondo neanche quando passa il grande capo italiano. Sai chi è quel signore? «È Siagri-san», risponde, continuando ad armeggiare davanti a uno schermo su cui appare una complessa piattaforma di calcolo. «Davvero notevole: è un circuito complicatissimo e ha funzionato al primo colpo. Solo qui lo potevano fare in tempi così rapidi», dice Siagri.
«Abbiamo tanti otaku», afferma il nuovo ceo di Advanet, Shoji Fuchigami, riferendosi al termine giapponese per i geek, i fanatici delle tecnologie. L'arrivo di Fuchigami, cinque mesi fa, è il cambiamento più evidente per l'azienda, in quanto ha coinciso con l'uscita definitiva del fondatore Fumio Komatsu. L'ex numero uno si era reso conto che la sua società era giunta a una soglia-limite: da solo non aveva i mezzi per accelerare la sua proiezione internazionale, specialmente negli Usa. Così ha venduto, ma prima ha voluto accertarsi di persona che l'acquirente fosse serio, anche per senso di responsabilità verso i dipendenti. Ricorda Siagri: «Vennero in delegazione più volte ad Amaro: cercarono di fare una vera e propria due diligence su di noi. Ad un certo punto, all'ennesima richiesta di chiarimenti e documentazioni, finii per dire: va bene, ma ricordatevi che sono io, non voi, a tirare fuori i soldi». Siagri aveva fretta, anche perché aveva capito di non potersi lasciar sfuggire l'occasione rappresentata - nel 2007 - da uno yen debolissimo di fronte a un euro sopravvalutato: arrivò a sfiorare quota 170 yen, mentre oggi veleggia intorno a 110. «Una fortuna – dice – anche perché subito dopo è arrivata la crisi globale e ha inevitabilmente ridotto i ricavi: il cambio favorevole ha più che compensato questo imprevisto».
Oggi Advanet sta tornando a crescere: i dipendenti sono 150, più una quarantina di lavoratori temporanei. L'anno scorso i ricavi si sono ripresi a 3,2 miliardi di yen (quasi 30 milioni di euro) e rappresentano quindi quasi un terzo dell'intero giro d'affari del gruppo. C'è stato qualche problema per il terremoto, ma «il semestre si è chiuso in modo positivo e a fine anno prevediamo un miglioramento, anche se il superyen è un problema per i clienti» dice Siagri. «Per fortuna avevamo abbastanza magazzino e abbiamo potuto rimediare alle carenze di disponibilità di componenti – dice Fuchigami – qualche cliente ha rinviato gli ordinativi, ma niente di rilevante».
Nel maggio di quest'anno è stata rilevata l'ultima quota del 10% al figlio del fondatore. «Abbiamo accelerato qualche processo, con una visione un po' diversa – dice Siagri - ora per noi la sfida è quella di specializzare le strutture del gruppo e focalizzare la ricerca e sviluppo: l'high-end in Giappone, l'ultra low power in America e così via. Attuare sinergie, cercare di vendere anche in Giappone prodotti realizzati in Italia». Tra i nuovi settori promettenti, c'è quello degli smart grid («Noi abbiamo la tecnologia e i grandi gruppi giapponesi sono interessati a risolvere il problema di una vera ottimizzazione della distribuzione di energia da diverse fonti») e dei cloud system.
Al ristorante, Siagri dimostra di aver acquisito una buona padronanza delle bacchette: «Al di là delle diversità culturali, qui mi sento a casa più che altrove. In Giappone è radicato il concetto di comunità di lavoro per uno scopo comune, che è assente in Cina. Alla fine, è più facile comunicare, anche se occorre tener presente alcune particolarità: i giapponesi spesso non sono espliciti né diretti e amano direttive precise o comunque l'indicazione di uno spazio entro certi confini, e non bisogna sbagliare la persona a cui inviare il messaggio, altrimenti non ti seguono. Non vanno proposte loro alternative lasciandoli nel dubbio su cosa si preferisca». Per gruppi stranieri medio-piccoli, aggiunge Siagri, è probabilmente meglio comprare una società giapponese che non intrappolarsi in una joint venture dove non si sa bene chi comandi davvero.
Eurotech appare concentrata su una crescita organica e sul leverage infragruppo, ma dopo la positiva esperienza con Advanet Siagri non esclude la possibilità di un'altra acquisizione in Giappone. Il conseguimento dell'utile per il gruppo «dipenderà ovviamente dal secondo semestre»: dopo una prima fase di espansione dimensionale, una seconda di ulteriore sviluppo mantenendo i margini, una terza di razionalizzazione, sinergie e controllo dei costi, l'obiettivo di ultima linea è il profitto in tutte le caselle del bilancio. «Bisogna però pensare che l'utile realizzato tagliando di più e investendo di meno sparisce presto – conclude Siagri –: la cosa imprescindibile è che l'azienda generi cassa. Poi va fatto un bilanciamento con le opportunità di investimenti strategici».

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