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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 07:48.

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Non c'è dubbio. Gli eurobond, che nella proposta lanciata da Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio assumono la veste di EuroUnionBond, «costituiscono una risposta apprezzabile a una moneta unica nata senza Stato. Sarebbero un primo, fondamentale passo verso l'auspicata evoluzione in senso politico dell'Unione Europea, che il recente vertice tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel ha solo vagheggiato».

Bruno Tabacci commenta la proposta Prodi-Quadrio Curzio lanciata il 23 agosto dalle colonne del Sole 24 Ore e riflette sullo stato di salute dell'Eurozona. «Mi sembra discutibile la posizione di chi, come la Germania, pur avendo tratto dall'euro più benefici e vantaggi che svantaggi, ritenga che prendere parte alla moneta unica non comporti precise assunzioni di responsabilità, sul piano delle politiche da mettere in campo, e anche un qualche sacrificio». In poche parole, anche Angela Merkel dovrebbe mettere nel conto che far parte di un edificio comune comporta anche la perdita di una qualche fetta di sovranità.

Certo - aggiunge Tabacci - una riflessione a tutto campo su tempi e metodi con cui si è deciso, ad esempio, di ammettere nell'Eurozona Paesi come la Grecia andrebbe incoraggiata. Servirebbe, quanto meno, a non commettere più errori simili».

Tabacci, neo assessore al bilancio del Comune di Milano e vicepresidente della commissione Bilancio della Camera, dove ha aderito al gruppo dell'Api, invita in ogni caso ad affrontare il dibattito sull'introduzione di titoli comunitari per far fronte alla crisi dei debiti sovrani attraverso un'ottica più ampia. «Gli eurobond sono solo il primo passo. Prima o dopo occorrerà metter mano all'armonizzazione delle politiche fiscali, l'altra anomalia. Guardiamo ad esempio all'entità dell'economia sommersa. Quel che serve, e la crisi lo sta mostrando chiaramente, è un vero governo politico dell'Unione Europea. La crisi sta accelerando questo processo. Del resto, non vedo all'orizzonte alternative altrettanto credibili».

In un contesto in cui l'Europa soffre di un evidente deficit di leadership, Tabacci nota come in Italia la risposta non sia stata «all'altezza della nostra grande tradizione europeista. Un Paese tra i fondatori della Comunità ora appare ai margini. Se si esclude Mario Draghi, il cui prestigio è dovuto a meriti propri, sul piano delle politiche europee il Governo si è dimostrato inadeguato. Come potrebbe essere altrimenti, del resto, per un Governo che si dibatte tra il provincialismo della Lega e le estemporanee prese di posizione del presidente del Consiglio?»

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