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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 19:56.

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Default o non default? Quanto è grave il rischio per gli Stati europei, a partire dalla Grecia, ma non solo, di non essere più in grado di far fronte al peso del proprio debito pubblico nonostante le strette decise dai governi?

Se lo chiedete a tre Premi Nobel otterrete tre risposte differenti.
Edward Prescott, premiato nel 2004 proprio per i suoi studi sui cicli economici e gli effetti della politica economica, è praticamente sicuro che ci saranno situazioni di insolvenza. O almeno, precisa, è molto probabile che almeno un default si verifichi. «Tutti gli stati troppo spesso fanno default», rincara l'economista, che lavora alla Federal Reserve Bank di Mineapolis e insegna all'Arizona State University, mentre parla a 500 giovani economisti. Sono i ragazzi arrivati da tutto il mondo a Lindau, in Germania, sulle sponde del Lago di Costanza, per ascoltare diciassette delle migliori menti del pianeta e discutere con loro per quattro giorni del futuro dei mercati, di crescita e di sostenibilità. E anche se il tema della giornata non prevede esplicitamente di parlare di crisi del debito e dell'attualità, è inevitabile che quello che sta succedendo irrompa anche in queste lezioni magistrali. «Alla Grecia l'insolvenza è capitata diciannove volte e gli Stati Uniti si sono salvati spesso solo grazie all'inflazione che ha ridotto il rapporto tra debito e Pil», conclude Prescott.

Ma Peter Diamond, Nobel lo scorso anno per gli studi sul mercato del lavoro, seduto sullo stesso palco, non sembra affatto d'accordo con lui. Perlomeno, gli Stati Uniti oggi non corrono rischi, afferma. E la situazione dei debiti pubblici, anche se grave, può essere ancora gestita. Prescott e Diamond sono tutti e due americani, ma il primo ha firmato il documento contro il pacchetto di misure per stimolare l'economia varato da Barack Obama nel 2009, il secondo viene dal Mit, il Massachusetts Institute of Technology, da sempre più a sinistra, e si è dimesso pochi mesi fa dalla Federal Reserve per protestare contro l'opposizione dei Repubblicani.

Christopher Pissarides, che con Diamond ha condiviso il Nobel del 2010, ma che è un cipriota trapiantato in Gran Bretagna alla London School of Economics ed è seduto proprio in mezzo ai due contendenti, scherza dicendo che ci sono molti modi per avere un «default senza default». Ma è molto preoccupato e confessa che senza un intervento la situazione finanziaria potrà generare un effetto a catena che si concluderà proprio con lo stato di insolvenza dei Paesi.

Chi ha ragione? Joseph Stiglitz, Nobel nel 2001, che si è fatto anche la fama di bastian contrario con le sue posizioni critiche sulla globalizzazione e il ruolo di organismi come il Fondo Monetario Internazionale, anche lui a Lindau, annuncia che «c'è vita oltre il default, come insegna la lezione dell'Argentina». A meno di dieci anni dalla ristrutturazione del debito pubblico che mandò in crisi molti risparmiatori anche in Italia, il Paese sudamericano marcia a tassi di crescita tra 8 e 9% e a anche se molti suoi problemi restano aperti, di sicuro fa una certa invidia all'Europa.

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