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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2011 alle ore 10:16.

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Lavoratori stranieri al riparo dalla crisi nelle piccole e piccolissime imprese. Non è una sorpresa, ma la vera novità è che lo spazio degli immigrati nelle realtà "micro" è aumentato ed è destinato a crescere ancora sulla spinta sia del pressing dei lavoratori - che hanno necessità di un contratto per restare in Italia - sia delle esigenze dei piccoli imprenditori italiani.

Il trend è segnalato da un sondaggio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa all'inizio di luglio.
Nel primo semestre del 2011, l'occupazione straniera nelle aziende con meno di 20 dipendenti è aumentata (+2,4%) rispetto al semestre precedente e si prevede un ulteriore incremento nell'ultima parte di quest'anno (+2,6%).
Il maggior impiego di stranieri è ancor più rilevante se si tiene conto che in queste stesse aziende il calo complessivo dei lavoratori è stato dello 0,8% nel medesimo periodo. La crescita è stata più consistente al Centro Italia (+5,1%) e nel Mezzogiorno (4,2%) rispetto al Nord, che mette a segno in +1,6 per cento.

Per la seconda parte dell'anno, invece, si prevede una maggior crescita al Nord (5,5%) mentre nel Centro si assiste a una lieve inversione di tendenza, pari a -1,6 per cento. L'edilizia è stato il settore che ha determinato l'incremento maggiore (4,2% in più), ma nella seconda parte dell'anno perderà lo 0,6 per cento di occupati stranieri.
La gran parte di questi lavoratori immigrati ha un contratto a tempo indeterminato (il 74%) mentre è più limitato l'impiego di contratti a termine come il tempo determinato (15,7%) e le altre tipologie di lavoro atipico (pari al 10,3%). Per le future assunzioni però, i piccoli imprenditori intervistati hanno dichiarato di voler inquadrare i nuovi lavoratori stranieri con forme contrattuali a termine: il 44,4% intende firmare contratti per apprendisti o collaboratori, il 36,1% contratti di lavoro a tempo determinato, mentre il 19,4% si ripropone di fare contratti a tempo indeterminato.

«La concentrazione di stranieri nelle piccolissime imprese è strutturale – commenta Emilio Reyneri, docente di sociologia del lavoro all'Università di Milano Bicocca – ed è dovuta a molti fattori: i lavoratori italiani preferiscono le imprese medio-grandi dove hanno più stabilità. Le microimprese, invece, danno più facilmente contratti a tempo indeterminato, in quanto, sotto i 15 dipendenti, non sono soggette all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che ammette il licenziamento solo per giusta causa e giustificato motivo). E gli stranieri hanno bisogno del contratto a tempo indeterminato per mantenere il permesso di soggiorno, che altrimenti "scade"».

Non è tutto. «Le piccole imprese – prosegue Reyneri – specie in alcuni settori come l'edilizia hanno bisogno di manodopera non qualificata e gli immigrati sono più disponibili a coprire questi posti, anche quando sono diplomati e qualche volta perfino laureati».
Le conferme, anche in questo caso, arrivano dal sondaggio. Gli stranieri ricoprono mansioni non qualificate nella maggior parte dei casi(54,8%), per il 16% occupano posizioni semi-qualificate e per il 26,3% sono operai specializzati.

Gli imprenditori, dal canto loro, dichiarano di assumere stranieri per le difficoltà a trovare italiani (48,3%), perchè gli stranieri accettano mansioni meno qualificate e più pesanti (15,5%) e perché considerano gli immigrati più seri e affidabili (9,8%). Infine, imprenditori e stranieri instaurano un rapporto di lavoro soprattutto in seguito a contatto diretto (39,9%) o per segnalazione di terzi (30%).

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