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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2011 alle ore 07:41.

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Verso gli Usa i suv del Lingotto. Nella foto la Fiat Freemont (LaPresse)Verso gli Usa i suv del Lingotto. Nella foto la Fiat Freemont (LaPresse)

Sempre più improbabile l'avvio delle linee dei suv, destinati a essere prodotti negli Usa, per il futuro di Mirafiori spunta l'alternativa della citycar. In base a quanto reso noto ieri dall'agenzia Bloomberg, che citava fonti vicine al Lingotto, sarebbe questa una delle ipotesi che oggi e domani finiranno sul tavolo del global executive council, l'organo di vertice di Fiat-Chrysler che per la prima riunione ha deciso di incontrarsi a Torino.

Tra i punti all'ordine del giorno per i 22 top manager, la revisione del piano prodotti con annessi stabilimenti di produzione. Si tratta del banco di prova dell'integrazione tra Fiat e Chrysler, perché significa ragionare non solo di modelli ma anche di piattaforme, che di fatto rappresentano il punto d'incontro tra know how e caratteristiche di Fiat, Alfa e Lancia da un lato e i marchi americani dall'altro. In quest'ottica, la vicenda di Mirafiori è cruciale, perché la scelta di realizzare a Torino il suv avrebbe significato portare in Italia una piattaforma americana, su cui realizzare vetture a marchio Alfa Romeo ma anche Jeep, dunque raggiungendo il massimo livello dell'integrazione possibile tra le tradizioni Fiat e Chrysler. Un'operazione complessa ma anche costosa, visto che il mercato di riferimento per i suv è quello americano, e produrre in Italia con i costi dell'area euro per vendere oltreoceano con i prezzi in dollari non è conveniente; senza contare, poi, le condizioni offerte dal nuovo contratto collettivo Chrysler, atteso per metà mese. Di qui il possibile cambio di direzione su Mirafiori, fatto trapelare alla fine della settimana scorsa da Fiat e ufficializzato lunedì mattina da Sergio Marchionne al governatore del Piemonte, Roberto Cota.

Sfogliare la margherita dei possibili modelli sostitutivi è esercizio inutile, fanno capire dal Lingotto, perché una decisione non sarà presa prima delle prossime ore, tra l'altro con il contributo di uno dei promossi dell'ultima tornata di nomine, Gianni Coda, responsabile per la produzione dell'area europea nonché vicepresidente dell'Unione industriale di Torino. Ma lo scenario ipotizzato da Bloomberg è effettivamente uno dei più realistici: esclusi i suv, le monovolume (Serbia) e il segmento D (dopo la Croma non sono previsti nuovi modelli a marchio Fiat), non restano che le mini e il segmento C, anche se in questo caso Mirafiori si troverebbe a concorrere con uno stabilimento altamente performante come quello polacco di Tychy, Pomigliano (mini) oppure Melfi-Cassino, che oggi si spartiscono Punto, Bravo, Giulietta e Delta. Altra ipotesi in fase di valutazione, quella di un piccolo suv a marchio Jeep.

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Nelle ultime versioni pubblicate, il piano Fiat prevede di avviare la produzione di un'utilitaria nel 2013, ma sia sui tempi dell'operazione (la produzione dei suv era prevista per fine 2012) sia sui numeri il quadro resta incerto, tanto è vero che ieri Fim, Uilm, Fismic, Associazione Quadri e Ugl hanno inviato una lettera al Lingotto per chiedere un incontro sul futuro dello stabilimento di Mirafiori «per chiarire la situazione». Secondo il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, «il governo dovrebbe smetterla di fidarsi di telefonate e convocare subito un tavolo», ma la preoccupazione è condivisa: «Occorre – ha commentato ieri il segretario torinese della Fim-Cisl, Claudio Chiarle – salvaguardare la produzione di una vettura di gamma alta con un buon margine di profitto, l'entità dell'investimento, volumi produttivi e occupazionali analoghi a quelli previsti finora».

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