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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2011 alle ore 17:30.

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Non solo l'Italia. Dalla Spagna alla Grecia, passando per la Francia e la Germania, le principali economie di Eurolandia sono alle prese con manovre di varia entitá per tagliare il deficit e lanciare un messaggio di fiducia ai mercati.

FRANCIA. La scorsa settimana Parigi ha presentato un piano di taglio del disavanzo, corredato dal taglio delle previsioni di crescita, per mettersi al riparo dalle voci di un possibile declassamento del rating da parte dell'agenzia Standard & Poor's. Le stime sul pil sono state tagliate dal 2% all'1,75% per il 2011 e 2012. Il piano include, tra gli altri punti, una "tassa per i ricchi", un contributo temporaneo per i redditi superiori a un 1,5 milioni l'anno; l'aumento delle accise su alcolici e tabacco e una modifica della tassa sul patrimonio immobiliare. Con la manovra, che approderá in Parlamento domani, il governo dovrebbe risparmiare 11 miliardi in 2 anni.

SPAGNA. Il Paese ha varato di recente una manovra anti-crisi da 4,9 miliardi di euro, ultimo atto del piano di austerity lanciato nel 2010 da 65 miliardi in 3 anni. Le risorse arrivano dal settore sanitario e dalla tassazione alle grandi imprese. Nessuna tassa sui patrimoni. In precedenza erano stati introdotti tagli salariali del 5%, l'eliminazione del bonus bebè e il congelamento delle pensioni dei dipendenti pubblici. Il Parlamento ha inoltre approvato la modifica della Costituzione inserendo il limite legale al deficit, senza indicare però cifre esatte. Il limite massimo all'indebitamento pubblico verrá specificato in due leggi ordinarie da approvare successivamente.

GRECIA. Il governo ellenico ha approvato una terapia d'urto di quasi 80 miliardi di euro, oltre 25 mld di misure fiscali e 50 mld di privatizzazioni. Sotto la scure dell'austerity sono finiti benefit sociali e pensioni di anzianitá, inclusi i lavori usuranti. Non mancano poi i tagli degli stipendi pubblici e lotta senza quartiere all'evasione, che costa alle casse dello Stato oltre 40 mld in termini di mancate entrate. Restano tuttavia ancora molte incertezze sulla capacitá del paese di far fronte agli impegni di bilancio.

PORTOGALLO. Lisbona ha approvato nei giorni scorsi il più «severo piano di tagli della spesa pubblica dal 1974». Settantotto miliardi di euro per il pareggio di bilancio entro il 2015. Due terzi del risanamento verrá dai tagli alla spesa, il resto dall'aumento della pressione fiscale, tra cui l'Iva e l'eliminazione delle agevolazioni. È stata inoltre introdotta la tassa di solidarietá per i redditi più alti e le imprese con alti profitti.

GERMANIA. Anche la virtuosa Germania ha messo mano ad una significativa correzione dei conti. Berlino ha approvato agli inizi di giugno una maxi-manovra da 80 mld in 4 anni, con tagli pari a 11,2 mld nel 2011. Scure su almeno 10mila posti di lavoro statali. Inoltre i dipendenti pubblici dovranno rinunciare all'aumento della tredicesima previsto per quest'anno; ridotti anche su alcuni sussidi, soprattutto sul fronte pensionistico, gli assegni familiari per gli occupati e vengono del tutto eliminati i sussidi speciali per la disoccupazione di lunga durata. Ai colossi energetici come Eon, Rwe, Vattenfall e EnBw viene chiesto invece un balzello pari a 2,3 miliardi di euro l'anno per gli elementi combustibili.

IRLANDA. Primo paese europeo ad esser travolto dalla crisi, l'Irlanda ha approvato nel 2010 una manovra da 15 miliardi in 4 anni e potrebbe varare un un altro intervento correttivo nel 2012 per rispettare gli impegni previsti dal piano di salvataggio Ue-Fmi di oltre 80 mld di euro. Ribattezzata prima della crisi "la Tigre Celtica", in riferimento al boom iniziato negli anni Novanta grazie ad un sistema di sgravi nel settore finanziario, il Paese si è ritrovato particolarmente esposto alle turbolenze innescate dai mutui subprime Usa. La manovra era composta per due terzi su tagli di spesa, tra cui riduzione dei salari pubblici, tagli ai posti di lavoro di 20mila statali (con un piano di esodi volontari), sforbiciate al welfare, e aumenti fiscali. Il tutto con l'obiettivo di tagliare il deficit dal 32% del pil del 2010 al 3% in 4 anni. Il Paese ha comunque fatto molti progressi nel percorso di risanamento, come ha riconosciuto lo stesso Fmi.

ISLANDA. Seppur fuori dall'Ue, tra le ricette anti-crisi va menzionata quella dell'Islanda. L'Isola dei Ghiacci è ancora alle prese con il crac finanziario del 2008 che ha costretto il Fondo monetario a correre in soccorso di Reykjavik con un maxi-prestito da 2,1 mld di euro. Secondo il Fondo, sebbene in questi anni sia riuscito a stabilizzare il tasso di cambio e abbassare l'inflazione, deve fare di più per tagliare l'alto tasso di disoccupazione e regolare i mercati finanziari. Proprio il settore finanziario, con le aggressive politiche degli istituti nazionali, che ha portato il paese sul lastrico. Una crisi talmente profonda da spingere qualcuno ad avanzare l'ipotesi, impensabile fino a poco prima, di un ingresso dell'Islanda nell'Unione Europea.

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