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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 08:21.

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Consumi debolissimi, che il governo frena ancora di più con l'inasprimento dell'Iva, e fiducia ai minimi, ma Coop rilancia sullo sviluppo, puntando ad aprire, entro il 2013, 55 nuovi punti vendita con 500 milioni di investimenti.

Il leader della distribuzione italiana però fa capire che i margini sono scesi su livelli insostenibili e annuncia una piccola rivoluzione: colpo di freno alle promozioni a raffica, stop all'effetto dopante degli sconti che non riescono più a scuotere il consumatore. Oggi la pressione promozionale è arrivata a sfiorare il 27%, praticamente quasi un prodotto su tre viene "regalato" ma la curva dei consumi punta sempre all'ingiù.
«Negli ultimi dieci anni – ha detto ieri Enrico Migliavacca, vice presidente di Ancc-Coop, in occasione della presentazione del Rapporto Coop 2011 su "Consumi e distribuzione" – il potere d'acquisto delle famiglie è calato del 7%, ma gli effetti della manovra, in particolare l'inasprimento dell'Iva, peseranno anche di più. Ogni punto di Iva in più drena 7 miliardi dai consumi delle famiglie e va a impattare settori già fortemente penalizzati: nel primo semestre l'abbigliamento è scivolato dell'8%, il bazar del 6 e il multimediale addirittura del 15».

Secondo Coop il reddito a disposizione delle famiglie è tornato indietro di un decennio e si attinge sempre di più ai risparmi per finanziare il consumo corrente, benché la spesa rimanga ancora ampiamente inferiore ai livelli pre-crisi. Per trovare la quadra le famiglie tagliano sulle quantità acquistate e si modifica il carrello della spesa anche se si rimane sei punti percentuali sotto i livelli pre-crisi. «Considerato – ha aggiunto Migliavacca – il modesto ritmo di crescita previsto, solo nel 2013 si riuscirà a tornare su quei livelli. Anche se fare previsioni oggi rischia di essere una perdita di tempo».

A soffrire di più sono l'alimentare, l'abbigliamento e l'arredamento, mentre sono destinati a crescere la spesa per la sanità, i trasporti, le comunicazioni. L'impoverimento del carrello non significa – secondo il Rapporto Coop – rinunciare alla qualità e sono le promozioni una delle poche ciambelle di salvataggio rimaste: è grazie a queste che il 63% dei consumatori dichiara di aver risparmiato nell'ultimo anno. «È il fenomeno del downgrading – conclude Migliavacca – in cui le famiglie italiane si mostrano maestre, ma se questo è possibile nei beni è un'arma spuntata nei settori in oligopolio, in primis tariffe e servizi pubblici».

I vertici Coop forse temono che il Governo intervenga sull'aliquota del 4 e del 10% dopo averlo fatto su quella del 20 per cento. E infatti il rapporto sostiene che «i consumi sono il volano della ripresa economica e ogni ulteriore manovra sul versante Iva sarebbe ancora più disastrosa».
E «gli italiani si affidano al gioco: alla fine del 2011 saranno oltre 73 i miliardi, quasi il 20% in più del 2010, impiegati dagli italiani in giochi a premi, lotterie e slot machine: una spesa superiore a quella per abbigliamento e calzature e pari a circa il 60% dei consumi alimentari».
Quest'anno le vendite nella grande distribuzione dovrebbero salire (per effetto dell'inflazione) dell'1,6% a rete corrente e contrarsi dell'1% a rete omogenea. Un po' meglio della media del mercato dovrebbe fare Coop: i ricavi saliranno dell'1,8% a 13 miliardi e la quota di mercato migliorare dello 0,2% al 18,3 per cento. Alle spalle di Coop, solo Conad, Esselunga e Selex arrotondano le quote, dello 0,4 per cento. Carrefour perde l'1% e gli altri tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento.

«Nonostante l'incertezza fiscale a cui ci condanna il governo – è intervenuto Ernesto Dalle Rive, presidente del consiglio di sorveglianza di Coop Italia – siamo una delle poche aziende che accetta la sfida dello sviluppo. Abbiamo stabilmente incrementato l'occupazione anche nei periodi di crisi, +37% nell'ultimo decennio, e ora puntiamo ad aprire 55 negozi con investimenti per 500 milioni. Ciò detto però risulta incomprensibile l'accanimento fiscale nei confronti delle cooperative di consumo che rappresentano già la forma c+ooperativa con una maggiore imposizione».

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