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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 06:42.

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ROMA
Più banda larga uguale più crescita. L'equazione dell'Autorità per le comunicazioni è al centro della segnalazione che il garante guidato da Corrado Calabrò ha deliberato di inviare al Governo e al Parlamento chiedendo che restino a sostegno del settore tlc gli introiti eccedenti i 2,4 miliardi di euro previsti come incasso minimo dell'asta per le frequenze della banda larga mobile.
Era quanto previsto dalla legge di stabilità (n. 220/2010), fino a quando il precipitare della crisi, con il bisogno di ripensare cammino e tempi verso il pareggio di bilancio, ha determinato la correzione contenuta nella manovra di luglio (Dl 98). Non più il 100% delle maggiori entrate, ma il 50% sarà destinato a misure di sostegno al settore delle telecomunicazioni. Di questa quota, inoltre, il 10% potrà essere usato per rimpinguare i 240 milioni di indennizzi per le tv locali che libereranno le frequenze messe all'asta. Cifre a parte, comunque, l'Authority sollecita un provvedimento ad hoc in tempi brevi. La segnalazione, che il Sole 24 Ore ha potuto visionare, è preceduta da una lettera al sottosegretario di Palazzo Chigi Gianni Letta e si compone di due capitoli: prima l'apprezzamento per la mancata estensione della Robin Hood tax anche alle tlc poi la disamina dell'asta. L'intervento si inserisce così a pieno titolo nel dibattito delle ultime settimane sull'opportunità di destinare maggiori risorse alla crescita o restare lungo la linea inflessibile del rigore. Al momento sono in gioco quasi 600 milioni: a tanto infatti, a procedura di gara non ancora conclusa, ammonta la differenza tra l'incasso dell'asta e quanto preventivato nella legge di stabilità. L'Agcom, nel documento approvato il 5 settembre, sottolinea che «il vincolo di bilancio limita certamente la gamma degli interventi possibili, ma non li esclude tout court, li seleziona». E giù le cifre dell'impatto di tlc e banda larga sulla crescita: «Le reti intelligenti di nuova generazione fisse e mobili» possono portare ad «almeno un punto di Pil aggiuntivo per ogni 10% di diffusione della banda larga; quasi 40 miliardi all'anno, a regime per l'Italia, di risparmi grazie a telelavoro (2 miliardi), e-learning (1,4), e-government e impresa digitale (16), e-health (8,6), giustizia e sicurezza digitale (0,5), gestione energetica e intelligente (9,5)». Si tratta di «indicazioni di grande prospettiva, a maggior ragione per un Paese in debito di crescita e in cui non si investe ancora abbastanza in Ict». «L'Autorità – si legge poi nella segnalazione – ritiene che sarebbe opportuna una più precisa e mirata finalizzazione di parte dei proventi». Con una proposta: «Un sostegno mirato alla domanda per la banda larga» attraverso bonus da destinare alle famiglie e alle piccole imprese. «Le iniziative suggerite – conclude l'Agcom – possono essere adottate anche con provvedimenti amministrativi in ordine alla finalizzazione specifica delle risorse derivanti dall'asta o con provvedimenti legislativi ad hoc laddove si ritenesse di aumentare l'ammontare delle risorse destinabili alla banda larga».
Investire e ancora investire sembra dunque il mantra del garante. Lo stesso concetto risuona anche laddove si elencano le ragioni che non avrebbero giustificato un'estensione della Robin tax ai gestori telefonici, ipotesi a lungo accarezzata nell'ultima stesura della manovra. Il principale rischio – sentenzia l'Agcom – sarebbe stata «una contrazione degli investimenti delle imprese».
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LE CIFRE

2,4 miliardi
Obiettivo minimo
La legge di stabilità (legge 220 del 2010) fissava in 2,4 miliardi l'obiettivo minimo come incasso per lo Stato derivante dall'asta per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze destinate al servizio di larga banda mobile
600 milioni
Risorse aggiuntive
È al momento, ad asta ancora in corso, la differenza tra l'incasso dell'asta e quanto preventivato nella legge di stabilità del dicembre 2010. L'Agcom chiede di riservare l'eccedenza a misure per il settore

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