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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2011 alle ore 07:53.

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Offensiva partita dall'Est EuropaOffensiva partita dall'Est Europa

Quel prestito, il più grande mai accordato alla piccola repubblica della Moldova, è passato quasi inosservato. Eppure il luglio del 2009 segna una tappa importante nell'offensiva commerciale cinese nell'Europa dell'Est. Allora le autorità cinesi firmarono una dichiarazione di intenti con le controparti moldove per un prestito di un miliardo di dollari - pari al 10% del Pil del più povero Paese europeo - a condizioni molto vantaggiose. Da lì il passo verso altri Paesi dell'Est è stato breve.

La Cina, che ora in Moldova sta portando avanti progetti per un miliardo di euro, stava cercando di accedere al mercato europeo entrando dalla porta di servizio. Corteggiando quei Paesi alla periferia orientale, delusi dalle politiche dell'Unione europea, troppo esigenti ai loro occhi, ma comunque in cerca di liquidità per risollevare le rispettive economie. Mese dopo mese la Cina ha strappato commesse miliardarie.

La visita del premier Wen Jiabao a Budapest, lo scorso giugno, segna un'altra tappa importante: un ingente prestito di un miliardo di euro, a condizioni agevolate, l'impegno ad acquistare una quantità non precisata di titoli di Stato per alleviare la pressione sul debito pubblico ungherese e una serie di grandi progetti infrastrutturali. «Il commercio della Cina con i Paesi dell'Europa centrale e orientale era di soli 3 miliardi di dollari nel 2000. Ha superato nel 2010 i 40, mostrando una crescita del 38,7% l'anno», precisava da Budapest Jiabao. Il quale poi da Londra annunciava un obiettivo ambizioso: portare nel 2015 l'interscambio tra Cina e Regno Unito a 100 miliardi di dollari.

«La Cina sta comprando l'Europa», ha scritto in un recente rapporto il Consiglio europeo per le relazioni estere, (Ecfr) mettendo poi in evidenza il volume degli investimenti cinesi e delle facilitazioni commerciali per l'Europa centrale e orientale, che ora rappresentano il 10% del totale in Europa. Una «quantità sproporzionatamente ampia in rapporto alla portata complessiva delle loro economie», precisa l'Ecfr. La campagna acquisti della Cina nell'Est dell'Europa ha dato i suoi frutti: in Ungheria ha acquistato a BorsodChem, la principale impresa del settore chimico. In Romania intende investire un miliardo di euro in progetti infrastrutturali. Con la Croazia ha un accordo per la costruzione del nuovo aeroporto di Zagabria. Con la Bulgaria il progetto per un parco industriale.

Sempre più interessata a diversificare le sue enormi riserve valutarie (3.200 miliardi di dollari) dalla metà del 2010 Pechino comincia a mostrare un certo interesse verso i malati di Eurolandia. Lo scorso ottobre Wen Jiabao annuncia la volontà della Cina di intervenire a sostegno delle finanze greche. Dopo la Grecia, Paese in cui il gigante cinese Cosco ha acquistato nel 2009 due terminal commerciali al porto del Pireo, la 'preoccupazione' del Dragone si rivolge al Portogallo. Il 22 dicembre il quotidiano Jornal de Negocios, riporta: Pechino è pronta ad acquistare 4-5 miliardi di euro in titoli di Stato portoghesi. In gennaio il quotidiano spagnolo El Pais annuncia la disponibilità del vicepremier cinese Li Kequiang, in visita a Madrid, a comprare sei miliardi di euro in titoli di Stato spagnoli.

A inizio anno l'esposizione della Cina sul debito dei Paesi europei era stimata intorno ai 600 miliardi di euro. Ma quanti bond da allora siano stati comprati resta un'incognita, quantificare gli acquisti sui singoli mercati è difficile. L'impressione è che finora gli impegni siano stati mantenuti solo in parte, quando sono stati mantenuti. La Cina è molto più interessata a penetrare nell'economia reale di Eurolandia, privilegiando i grandi progetti infrastrutturali. D'altronde Safety, liquidity and return (sicurezza, liquidità e redditività) sono i cardini della sua politica economica all'estero.

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