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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2011 alle ore 10:02.

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Dopo il no di Pisa e Torino anche Roma frena sulle procedure per l'apertura di un nuovo negozio Ikea. Ai 140 milioni d'investimenti congelati nelle casse del colosso svedese per i punti vendita bloccati potrebbero aggiungersi anche quelli di Roma? Un altro caso di sviluppo negato?

«Non credo che arriveremo a tanto – osserva, con molto self control, Lars Petersson, 51 anni, ad svedese di Ikea Italia – però devo ammettere che l'iter approvativo per il terzo negozio sta rallentando. Oggi due punti vendita a Roma sono insufficienti, ma, di fatto, il terzo non va più avanti con la velocità prevista e per noi la rapidità è fondamentale: dobbiamo pianificare ingenti investimenti». E poi, a sorpresa, Petersson annuncia che il caso Vecchiano, in provincia di Pisa, «è chiuso, anche per i sei anni di attesa, ma con il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è iniziata una discussione» che potrebbe condurre a individuare altre localizzazioni per lo sviluppo in regione.

E gli investimenti congelati? «I fondi – aggiunge Petersson – sono ancora disponibili: la casamadre non li ha cancellati ma in ottobre decideremo sul da farsi. Quello che stupisce è che l'Italia, pur avendo bisogno di investimenti e sviluppo, dissemini il percorso degli investitori esteri di ostacoli. È sbagliato. E per noi è difficile andare avanti così. L'Italia dovrebbe inviare un messaggio chiaro e ridurre le difficoltà d'investimento». Il top manager svedese comunque conferma le prossime aperture: nel 2012 Ikea aprirà a San Giovanni Teatino, il primo in Abruzzo, e il ventesimo in Italia. Nel 2013 poterebbe esserci Perugia e poi chissà se ci sarà l'inaugurazione del quarto negozio a Milano, nel quadrante scoperto di Rho-Malpensa.

In attesa che la burocrazia e le corporazioni aprano qualche spiraglio, il colosso scandinavo continua a investire: tutti i magazzini Ikea sono stati coperti con pannelli fotovoltaici e forniranno il 10% del fabbisogno totale di energia. La spesa è stata di 40 milioni. Mentre per completare il negozio milanese di Carugate, il più grande del gruppo, negli ultimi due anni sono stati investiti un'altra quarantina di milioni. Che presumibilmente aumenteranno il valore di terreni e fabbricati per un miliardo risultante nel bilancio di Ikea Holding. «Questo dimostra – sottolinea Petersson – che Ikea è un investitore di lungo periodo».
Intanto Ikea Italia ha chiuso l'anno fiscale 2010/11 (al 31 agosto) con 1,64 miliardi di ricavi (+6,5%), in frenata rispetto al +11% dell'esercizio precedente. Nei suoi negozi (19 dopo le inaugurazioni di San Giuliano Milanese e Catania) sono passati oltre 46 milioni di visitatori.

Ikea acquista nel nostro Paese più di quanto venda nella penisola: l'8% del volume degli acquisti del gruppo svedese nel mondo viene effettuato in Italia, mentre il nostro mercato assorbe il 7% del volume delle vendite nel mondo. L'80% degli acquisti in Italia sono mobili; le cucine rappresentano il 34% del totale.
Ikea in Italia è una realtà di tutto rispetto: occupa circa 6.600 addetti, l'85% dei quali a tempo indeterminato. Più un indotto di 4.300 addetti. Fornitori di Ikea sono aziende come Whirlpool, Elica e Natuzzi.
In effetti Ikea fa meglio in Polonia dove il gruppo acquista il 18% della merce, più del doppio che in Italia, ma in quel paese la società di Ingvar Kamprad controlla stabilimenti produttivi di proprietà.

«Non è più tempo di crescita a due cifre – spiega Petersson – ma i nostri risultati sono straordinari: anche a rete costante abbiamo mantenuto la crescita. Sui risultati ha inciso sia il taglio dei prezzi che abbiamo operato, -3% nel 2010/11 e -18% in un decennio, sia il rincaro delle materie prime».
Assorbirete l'1% in più di Iva deciso dalla manovra governativa? «Non abbiamo ancora deciso – risponde il top manager – ma considerata la politica di riduzione dei prezzi che caratterizza il gruppo lo ritengo improbabile».

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