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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2011 alle ore 10:11.

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MILANO - Saranno stati gli ordini acquisiti nei mesi precedenti, sarà che luglio è sempre un mese particolare per le esportazioni perché le aziende anticipano le consegne in vista della pausa di agosto. La sostanza però non cambia. Le esportazioni a luglio hanno superato i 35 miliardi di euro, segnando uno dei migliori risultati mensili di sempre, secondo solo ai 37,7 miliardi di luglio 2008, prima cioè della recessione.

«Grazie a questa ottima performance la bilancia commerciale ha chiuso il mese di luglio con un avanzo di oltre 1,4 miliardi di euro» commenta soddisfatta i dati Istat il sottosegretario al Commercio con l'estero, Catia Polidori. E ricorda che «per trovare di nuovo un attivo del saldo italiano bisogna risalire esattamente ad un anno prima quando si sfiorarono gli 1,6 miliardi».

In realtà, come spiegano gli esperti, è un po' troppo presto per cantare vittoria, «perché luglio è un mese strano per l'export». Infatti basta guardare le serie storiche per vedere che il saldo mensile tendenziale è sempre positivo. «Settembre sarà il mese della verità» per capire se le imprese hanno ancora la spinta delle esportazioni, come è stato nella prima parte dell'anno, o se anche questa "benzina" si sta esaurendo. Intanto a luglio le esportazioni sono aumentate dell'1% rispetto al mese precedente e le importazioni dell'1,6 per cento. Su base annua l'incremento è stato del 6,1% per l'import e del 5,4% per l'export.

L'80% della crescita delle esportazioni viene dalla vendita di prodotti intermedi e beni strumentali. Nella prima categoria sono i prodotti in metallo e i metalli di base venduti soprattutto in Germania e in Svizzera che hanno fatto da traino. E sempre la Germania è, insieme agli Stati Uniti, in cima alla lista dei paesi di destinazione delle macchine utensili e degli impianti industriali. Sono andati male invece i beni di consumo durevoli (autoveicoli, mobili...). «La Germania resterà ancora per un po' il mercato di sbocco naturale per le aziende italiane – osserva Roberto Crapelli, ad di Roland Berger Italia – ma rischia di diventare una "dipendenza da indotto" da cui bisogna liberarsi».

La via indicata da Crapelli è quella dell'«internazionalizzazione produttiva o delle partneship locali. Ma per andare nelle aree a maggiore crescita le pmi devono aggregarsi: 50-60 milioni di fatturato non bastano per andare in Cina, India o Brasile». Dai dati Istat emerge comunque lo sforzo delle imprese di rivolgersi a nuovi mercati. Gran parte della crescita dell'export, infatti, è ottenuta fuori dall'Unione europea (+16,7% nei primi sette mesi dell'anno contro il +14% totale). Colpisce il +21,8% tendenziale della Russia che compra meno mobili e sempre più beni intermedi e strumentali. Oltre che in Svizzera, crescono a doppia cifra anche le vendite in Romania, in Turchia e in Giappone. Nonostante la frenata di luglio (+1,2%), nei primi sette mesi dell'anno è andato molto bene anche l'export verso il Mercosur, Brasile in testa. La lettura attenta dei dati suggerisce che i flussi di esportazioni sono in crescita soprattutto nei paesi in cui sono già presenti realtà produttive di grandi aziende italiane. È il caso del Brasile dove esportiamo componentistica auto (beni intermedi) presumibilmente destinata agli stabilimenti Fiat, ma non solo visto che anche i tedeschi producono in Sud america. O della Turchia dove Pirelli esporta le mescole speciali prodotte nello stabilimento di Settimo Torinese per fare poi l'assemblaggio finale. Queste presenze in un modo o nell'altro si portano dietro indotto e fornitori. Ma confermano che le dimensioni aziendali sono un fattore determinante per affrontare i mercati internazionali.

In Europa sono evidenti le difficoltà della Spagna che ha diminuito del 4,7% le importazioni dall'Italia. Niente a che vedere con il vero e proprio crollo della Grecia, intorno al 24% rispetto a luglio 2010. Da segnalare, infine, l'effetto Libia che ha provocato l'aumento esponenziale dell'import energetico dalla Russia, e la "Caporetto" dei prodotti agricoli: -17,3% le vendite e +15,7% gli acquisti.

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