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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2011 alle ore 08:25.

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Il direttore generale di un'azienda quotata in Borsa guadagna, in media, 45 volte di più di un neolaureato: oltre 1,1 milioni di euro contro i 24.455 di un giovane al suo primo impiego. Del quale servono invece 33 retribuzioni annue per fare quella di un ad, che tra componente fissa e variabile riceve 816mila euro.

A svelare queste proporzioni, e quindi a sollevare il velo sull'entità delle retribuzioni dei ruoli di vertice delle aziende quotate alla Borsa di Milano, è la seconda Executive Compensation, la ricerca della Od&M Consulting che, utilizzando i bilanci consolidati e di esercizio e le relazioni sulla governance di 140 società, ha analizzato i profili retributivi di quasi 2mila manager. Uno studio focalizzato su dieci posizioni dirigenziali e che dimostra come nonostante la crisi economica il monte delle retribuzioni degli executive delle quotate non è in crisi: e la crescita complessiva è determinata in primo luogo (ma non esclusivamente) dall'impennata della parte variabile dei compensi, che in alcuni casi è salita del 130% rispetto alla precedente rilevazione. «Uno degli aspetti più significativi del rapporto - spiega Mario Vavassori, amministratore delegato di Od&M - è proprio quest'ultimo.

Finalmente anche in Italia le retribuzioni dei membri dei board societari si stanno legando sempre più alle performance aziendali: se prima cioè un ad o un direttore generale guadagnavano lo stesso importo sia che la società andasse bene sia che andasse male, oggi invece c'è una stretta correlazione tra l'andamento di quest'ultima e le retribuzioni». E ciò, prosegue Vavassori «si registra sia dal punto di vista del numero dei beneficiari della parte variabile della remunerazione (che è passato dal 32 al 44% delle posizioni analizzate) sia da quello dell'ammontare di questa componente, fatta di bonus e incentivi di diverso tipo, che è salita e incide del 30,6% sul totale della remunerazione dei vertici».

A leggere i risultati dell'indagine, comunque, si scopre che nelle società quotate prese in esame, a guadagnare di più sono i direttori generali, che percepiscono un compenso medio di 1.103.896 euro all'anno, staccati dagli amministratori delegati (816.906 euro) e dai presidenti di Cda, che ricevono un emolumento di 582mila euro. A scendere verso la coda della classifica stilata dalla società di ricerca, e chiusa dai 55.281 euro degli amministratori non esecutivi, si trovano i presidenti dei consigli di amministrazione (578.532 euro), i dirigenti con responsabilità strategiche (452.820 euro), i consiglieri di gestione (351.857), gli amministratori esecutivi (297.422), i vicepresidenti dei Cda (254.509) e i membri del consiglio di sorveglianza 155.890 euro).

Numeri che si fanno più chiari, e più importanti, se si analizzano i dati dal punto di vista del settore di operatività delle società e del segmento borsistico di appartenenza: ancora una volta, sottolinea l'analisi, sono i vertici delle società operanti nel comparto finanziario quelli a percepire compensi più elevati, mentre sono gli ad delle quotate al Mib quelli che raggiungono la massima retribuzione media annua: 1,82 milioni di euro, che significa +123% rispetto al panorama di riferimento. E lo stesso vale per le altre figure più pagate, i direttori generali, che hanno un compenso del 58% più alto della media.

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