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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2011 alle ore 17:47.
Il superamento di queste sfide richiede un processo lento e costoso, così come la fondazione di nuove imprese richiede diversi anni prima di arrivare ad un flusso di cassa positivo. Di conseguenza i mutuanti di debito o capitale a livello commerciale non riescono ad ottenere i profitti elevati e le rapide uscite che cercano.
Quando sia i governi che i mercati falliscono, gli investitori ad alto impatto possono invece riuscire a stimolare il cambiamento. La microfinanza -il suo ingresso, la sua crescita e le recenti crisi- dimostrano come ciò avviene.
L’industria della microfinanza fu avviata negli anni ’80 in Bangladesh con la Grameen Bank e la BRAC Bank, entrambe no profit. Grazie ai donatori vennero quasi subito aperti altri istituti di microfinanza in Messico, India, Perù, Indonesia e in molti paesi africani dove si offrivano prestiti ad un tasso d’interesse pari al 25-30%, ovvero molto al di sotto dei tassi offerti dai mutuanti pari al 60-100%, in grado di creare comunque degli ampi margini di profitto. Attualmente, l’industria della microfinanza annovera circa 150-200 milioni di beneficiari di prestiti in tutto il mondo e si è inoltre sviluppata rapidamente assicurandosi l’entrata di diversi miliardi di dollari in azioni.
Gli istituti di microfinanza Banco Compartamos e SKS in India confermano il ruolo di catalizzatori degli investitori ad alto impatto. Entrambi gli istituti erano, all’origine, delle ONG (sul modello della Grameen) e come tali ricevevano milioni di dollari in qualità di sovvenzioni da parte degli istituti per lo sviluppo per iniziare le operazioni di prestito. Avevano inoltre accesso a prestiti a basso costo da parte delle banche statali e dagli istituti multilaterali tra cui la Corporazione Finanziaria Internazionale (alla quale si appoggia la Banca Mondiale per l’elargizione dei prestiti) e l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti.
Entro pochi anni, grazie alla crescita rapida dei beneficiari dei prestiti, la Compartamos e SKS crearono dei business a scopo di lucro detenuti dalle stesse ONG. In seguito riuscirono ad accumulare un capitale azionario attraverso gli investitori che volevano avere un impatto sociale (Compartamos da Accion e dalla Corporazione Finanziaria Internazionale, mentre SKS da Unitus, dal venture capitalist di Silicon Valley Vinod Khosla, e da un’agenzia di sviluppo statale dell’India).
Nel 2007 ci fu un’offerta pubblica iniziale per Compartamos con una valutazione dell’impresa di 2,2 miliardi di dollari. SKS riuscì ad accumulare ancor più capitale dagli investitori, tra cui Sequoia e Odyssey Capital, prima di approdare alla borsa indiana nel 2010 ottenendo circa 358 milioni di dollari con una valutazione al di sopra di 1,6 miliardi di dollari. Il sostegno degli investitori ad alto impatto garantì in seguito alla Compartamos, alla SKS e ad altri istituti di microfinanza flussi di capitale commerciale, sia attraverso fondi di capitale di rischio che tramite investitori con le IPO (Initial Public Offering).
Nonostante questi successi, la microfinanza ha recentemente dovuto comunque affrontare una serie di difficoltà in India. Le storie creditizie non possono essere condivise dato che il credit bureau è in fase di attivazione. Inoltre, mancano ancora un regolamento adeguato per la protezione dei consumatori ed una struttura di regolamentazione a livello nazionale.
Non desta quindi sorpresa il fatto che alcuni abbiano tentato, di conseguenza, di sfruttare i poveri, cosa che ha aggiunto pressione sulle autorità affinché agiscano. Purtroppo ciò finisce spesso per causare ulteriori danni anche se involontariamente. Ad esempio, infatti, il governo dello stato di Andhra Pradesh ha approvato un’ordinanza restrittiva rendendo difficoltoso il recupero dei prestiti dai clienti da parte degli istituti di microfinanza. Diversi istituti hanno dovuto quindi cancellare parte del portafoglio di prestiti, ritrovandosi ad affrontare gravi perdite, causando uno shock all’industria e alla comunità degli investitori, e provocando ulteriore sofferenza ai poveri.
La lezione che si apprende da questo contesto è che mercati non sono in grado di operare senza i beni pubblici ed una supervisione di alto livello da parte dei governi. Se da un lato gli investitori ad alto impatto possono gettare le basi per gli investitori commerciali, dall’altro devono anche lavorare insieme alle autorità statali per assicurare un buon funzionamento dei sistemi di mercato. Solo nel momento in cui questi sistemi saranno saldamente stabiliti, i poveri potranno partecipare alla vasta economia globale di oggi.
Tarun Khanna è direttore del South Asia Initiative presso l’Università di Harvard University, professore presso la Harvard Business School, e membro del comitato della SKS Microfinance. Jayant Sinha è Amministratore Delegato della Omidyar Network India Advisors.
Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Marzia Pecorari
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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