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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2011 alle ore 08:08.
Pochi mesi di ricerca per trovare il primo impiego. E a un anno dal titolo otto su dieci sono al lavoro. La maggioranza, poi, conquista quasi subito la stabilità: il 46% degli ingressi è a tempo indeterminato e il 26%, inizialmente a termine, guadagna in fretta il posto fisso.
L'isola felice dell'occupazione si nasconde dietro formule e alambicchi: i chimici italiani sono 115mila, il 95% dei quali non conosce precariato. Un settore che, pur risentendo della crisi con un calo del 10% dei dipendenti (comunque più basso rispetto al -12% della media europea), continua a offrire buone chance ai giovani neolaureati.
Secondo il sistema informativo Excelsior di Unioncamere le imprese prevedono di assumere entro fine anno quasi 4mila "dottori" dell'indirizzo chimico-farmaceutico, oltre un quarto difficile da trovare, insieme a 2.400 periti chimici ("primule rosse" nel 18,5% dei casi).
E al settore della chimica è dedicata l'edizione numero 18 di Orientagiovani, l'appuntamento di Confindustria in programma domani in diverse città italiane per mettere a confronto imprenditori e studenti impegnati nella scelta universitaria.
I dati più recenti sulle iscrizioni mostrano un trend in crescita: 3.260 iscritti al primo anno di scienze chimiche nel 2010/11 rispetto ai 2.609 dell'anno accademico precedente. Matricole che rappresentano però appena l'1,4% di tutta la popolazione universitaria italiana, quota che sale al 9,3% considerando tutte le facoltà scientifiche, in linea con la media Ocse, ma al di sotto del livello tedesco (11,7%) e inglese (13,3%).
«Il calo dei laureati quinquennali - osservano da Confindustria - è stato solo in parte compensato dalla crescita dei dottori triennali, tenuto conto che la maggioranza prosegue con il biennio di specializzazione: ciò rende ancora più importante la rispondenza della loro formazione alle esigenze delle imprese». Dal mondo produttivo è segnalato, infatti, che per il 73% dei neoassunti laureati in chimica è necessaria un'ulteriore formazione.
Un curriculum in chimica, d'altro canto «offre un ampio ventaglio di sbocchi lavorativi - spiega Dario Braga, prorettore alla ricerca dell'Università di Bologna -: nell'industria, nei laboratori di analisi, ma anche come imprenditori capaci di offrire servizi in outsourcing ad alto contenuto innovativo». Senza trascurare le opportunità che arrivano dalla ricerca accademica. «Gli studenti migliori - puntualizza Paolo Maria Scrimin, direttore del dipartimento di scienze chimiche dell'Università di Padova - spesso rinviano di alcuni anni l'ingresso nel mondo produttivo per restare in ateneo, potendo contare su borse di studio più consistenti dei salari medi d'ingresso». In generale le prospettive di impiego sono ottime: «A un anno dal titolo - conclude Scrimin - lavora l'86% dei nostri studenti, in primis in aziende specializzate nella sintesi per conto di grandi gruppi farmaceutici».
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