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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2011 alle ore 06:38.
Non solo Parmalat o Bulgari. C'è un altro made in Italy che fa sempre più gola agli investitori stranieri. Negli ultimi dieci anni sono cresciute del 13% le imprese dei servizi a partecipazione estera, mentre il tasso di presenza straniera è calato del 3% nell'industria manifatturiera. Così degli oltre 7.800 "gioiellini" con bandiera non più interamente tricolore, più di 5mila sono imprese di servizi, per oltre 400mila dipendenti coinvolti. Lo rivela una panoramica della Banca Dati Reprint del Politecnico di Milano, che ha passato in rassegna gli investimenti esteri diretti dal 2000 al 2010.
A segnare la volata più significativa è il settore dell'energia, che ha visto triplicare il numero di aziende a partecipazione estera, balzate a fine 2010 a 292 rispetto alle 72 del 2000, mentre il numero dei dipendenti coinvolti è passato da circa 3mila alle 13mila unità. «È l'effetto delle liberalizzazioni e del boom del fotovoltaico, che ha dato vita a un centinaio di progetti di investimento nella Penisola», spiega Marco Mutinelli, docente di Gestione delle imprese all'università di Brescia e responsabile della banca dati. «Il dato – aggiunge il direttore generale di Federutility, Adolfo Spaziani – racconta anche lo sbarco sul mercato italiano di alcuni grandi player internazionali, come Gaz de France, la tedesca Eon o l'ingresso di Edf in Edison». Non solo: «Con la privatizzazione di Enel e la cessione delle tre supercentrali elettriche (le Genco) – ricorda – gran parte del parco termoelettrico in Italia è oggi in mano a società estere. Sicuramente sono stati fatti investimenti significativi, ma questo è avvenuto penalizzando gli operatori italiani, impedendo di fatto alle municipalizzate di partecipare alla corsa».
Viaggiano in controtendendenza manifatturiero abbigliamento, alimentari e calzature, dove nell'ultimo decennio la presenza straniera ha registrato una crescita a due cifre. Non tramonta nemmeno l'appeal della meccanica con quote estere in crescita del 12% in oltre 500 imprese. Cala invece la presenza straniera nel tessile (-23%), nella lavorazione dei metalli (-15 per cento) o nel settore della gomma e della plastica (-9 per cento).
«Il baricentro degli investimenti – spiega Mutinelli – si è spostato sui servizi»: così le imprese di consulenza e ricerca sono oggi più di mille e hanno visto crescere la presenza estera del 26%, per un numero di dipendenti che supera le 80mila unità. È appetibile per gli investitori oltreconfine anche il settore della logistica e dei trasporti, che conta oggi più di 400 società a partecipazione estera per oltre 60mila dipendenti. Un comparto che a detta di Furio Bombardi, vicepresidente di Ailog, l'Associazione italiana di logistica e supply chain, soffre però di «asimmetria competitiva». Un esempio è offerto dalla logistica ferroviaria, dove «i principali attori sono controllati dai monopolisti storici di altre realtà nazionali». È il caso di Nordcargo, controllata da Deutsche Bahn (si veda l'articolo in basso), Captrain di proprietà dei francesi di Sncf, Chemoil Logistics ed Sbb Italia controllati dalla svizzera Sbb. «Non sempre – prosegue Bombardi – i mercati di provenienza di questi soggetti consentono l'agevole ingresso di altri operatori, come avviene ad esempio in Francia».
A livello complessivo gli investimenti esteri netti in Italia ammontano a circa 22 miliardi di euro, pari all'1,5% appena della ricchezza nazionale secondo la fotografia scattata da The European House Ambrosetti con il fermo immagine al 2009. Tra le regioni, a sorpresa è il Piemonte l'area più attrattiva con investimenti pari al 3% del Pil. «È l'effetto delle Olimpiadi invernali – rileva il responsabile dell'area ricerche Lorenzo Tavazzi – che ha agito da volàno per l'attrazione di investimenti. Va detto però che si tratta di dati molto volatili che possono variare di anno in anno». Segue il Lazio, mentre la Lombardia si situa solo al terzo posto.
Guardando al futuro, secondo un rapporto realizzato dall'area research di Banca Monte dei Paschi di Siena, le previsioni sembrano volgere al bello. Nei primi sette mesi del 2011 almeno 27 multinazionali straniere hanno dichiarato di voler investire o che stanno investendo in Italia, mobilizzando capitali stimati in circa 1,2 miliardi di euro nei prossimi quattro anni. «Tra i settori più attrattivi – conclude la responsabile dell'area Lucia Lorenzoni – sul fronte degli investimenti saranno il fotovoltaico, la chimica-farmaceutica, i trasporti e l'automobilistico, mentre le costruzioni e la grande distribuzione potrebbero fare da scenario a nuove acquisizioni».
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