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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 13:04.

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La disoccupazione sarebbe potuta salire oltre l'11% se in questi ultimi anni di crisi economica fosse stato in vigore il provvedimento annunciato dal Governo nella lettera che il premier Silvio Berlusconi ha inviato all'Europa. La stima è della Cgia di Mestre secondo cui «il tasso di disoccupazione nel Paese sarebbe potuto salire all'11,1%, anziché all'8,2% attuale, con quasi 738mila senza lavoro in più rispetto a quelli conteggiati oggi dall'Istat».

Lo scenario delineato, tengono a precisare dalla Cgia, è un puro esercizio teorico ottenuto ipotizzando di applicare le disposizioni previste dal provvedimento sui licenziamenti per motivi economici a quanto avvenuto dal 2009 ad oggi. In buona sostanza, nella simulazione del centro studi degli artigiani mestrini è stato calcolato il numero dei lavoratori dipendenti che tra l'inizio di gennaio del 2009 e il luglio di quest'anno si sono trovati in cassa integrazione guadagni (Cig) a zero ore, vale a dire i lavoratori che per ragioni economiche sono stati costretti a utilizzare questo ammortizzatore sociale del quale, con il nuovo provvedimento, potranno disporre probabilmente solo a licenziamento avvenuto.

Pertanto, se fosse stata applicabile questa misura segnalata nei giorni scorsi dal Governo all'Ue, negli ultimi due anni e mezzo, questi lavoratori, che hanno usufruito della Cig, si sarebbero trovati, trascorso il periodo di "cassa", fuori dal mercato del lavoro.

Sacconi: stime infondate
Alle stime della Cgia di Mestre ha replicato il ministro del Lavoro Maurzio Sacconi, per il quale i dati diffusi dall'associazione degli artigiani mestrini sono destituiti di ogni fondamento. «Ciò che l'Unione europea chiede all'Italia è una combinazione di maggiore flessibilità nella risoluzione del
rapporti lavoro e di maggiore protezione del lavoratore. Tutte le ipotesi di
adempimento di questa richiesta sono quindi rivolte a consolidare il sistema di ammortizzatori sociali, a partire da tutte quelle situazioni nelle quali può essere conservato il posto di lavoro attraverso la cassa integrazione e gli accordi collettivi che è intenzione del Governo ancor più incoraggiare», ha replicato il ministro in una nota. «Ovunque possibile la conservazione del posto di lavoro, anche nel caso di caduta della produzione, deve rimanere obiettivo primario, come è stato, in Italia e in Germania, in questi tre anni. Ciò di cui si discute è la regolazione della
risoluzione del rapporto di lavoro per motivi economici, in modo da incoraggiare la propensione ad assumere perché l'obiettivo, ovviamente, è fare più occupazione, soprattutto giovanile. Tutte le simulazioni relative alla maggiore flessibilità in uscita che a livello internazionale sono state realizzate danno infatti più occupazione», ha concluso Sacconi.

Fini: confronto con le parti sociali, rischio di un autunno caldo
Sul tema interviene anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, che dal congresso regionale di Futuro e Libertà a Firenze, si colloca sulla stessa linea della Cgia di Mestre. «Se si tende solo a favorire la possibilità di licenziare c'è il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un'area del Paese», ha detto il leader di Fli. «Mi auguro - ha aggiunto Fini - che il Governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e le categorie economiche per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e prosperare». Fini ha poi messo in guardia dal rischio di «un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro».

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