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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 10:24.

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«La non credibilità di questo governo è nei fatti. Nonostante il via libera della Ue alla lettera di impegni e il costante lavoro della Bce per calmierare i tassi, oggi per vendere i nostri titoli pubblici siamo stati costretti a offrire un rendimento record, oltre il 6%,». Il riferimento di Pier Ferdinando Casini è all'asta dei Btp a medio e lungo termine che si è conclusa in mattinata. Il leader dell'Udc scuote la testa lasciandosi cadere sul divano del suo ufficio all'ultimo piano della Camera. Le ultime battute del premier sull'euro («moneta strana che non ha convinto nessuno») le commenta con amara ironia: «A forza di dire sciocchezze in libertà, non meravigliamoci poi degli sberleffi di Sarkozy». Casini resta convinto che senza l'uscita di scena di Silvio Berlusconi e la nascita di un governo di «responsabilità nazionale», l'Italia rischia di precipitare.

Perché è così scettico?
Berlusconi ha bisogno di prendere tempo. È l'unica cosa che gli interessa. La lettera di impegni alla Commissione Ue rimarrà inattuata, il governo cadrà tra non molto, non appena i tempi consentiranno al premier di poter scongiurare un'alternativa e il documento consegnato a Bruxelles si trasformerà nell'ennesima promessa elettorale del Cavaliere. Il governo già non c'è più. Per evitare una crisi immediata hanno rinviato l'approvazione del decreto sviluppo e hanno alleggerito il calendario della Camera dove continuano ad andare sotto nonostante la massiccia presenza dei ministri. Siamo arrivati al punto che per evitare nuove sconfitte l'esecutivo appoggia mozioni dell'opposzione come è avvenuto su quella dell'Idv relativa ai finanziamenti del Ponte sullo stretto.
Ma lei, il Terzo polo, gli impegni assunti in quella lettera consegnata alla

Ue li condivide o no?
In alcune parti la ritengo insufficiente. Sulle pensioni, ad esempio, ci si è limitati a fare il riassunto di quanto già previsto, invece di accelerare la messa a regime della riforma garantendo, attraverso un patto generazionale, non solo chi è in procinto di andare in pensione ma anche chi si è appena affacciato al mondo del lavoro e che invece non viene in alcun modo tutelato. Nulla viene detto poi sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali mentre sulla flessibilità in uscita...

Vuol dire sui cosiddetti licenziamenti "facili"?
Sono convinto che per rilanciare la crescita, incentivare gli investimenti sia determinante anche (ma non solo) la flessibilità in uscita del mercato del lavoro. Ma per realizzarla non possiamo non farci carico anche delle contropartite indispensabili, per evitare una guerra sociale dagli effetti devastanti.

Che significa?
Niente di più né di meno di quel che accade altrove. Non si può pensare di rendere meno rigidi i licenziamenti senza offrire un paracadute, un ammortizzatore sociale come il salario minimo, così come non si può continuare ad ignorare la precarizzazione del lavoro, che impone di incentivare le aziende a trasformare i contratti da tempo determinato a indeterminato.

Qualcuno potrebbe dire che parla da democristiano...
Siamo in un momento in cui tutte le forze sane e responsabili del Paese, politiche e sociali, sono chiamate a un'assunzione di responsabilità, che impone di affrontare la situazione complessivamente. Questo governo, che predicava meno tasse per tutti, ha portato la pressione fiscale a livelli record e a pagarne le conseguenze sono soprattutto i lavoratori, le imprese, le famiglie. Bene, il primo punto è trasferire parte di questo carico fiscale su chi finora ha pagato poco o nulla: gli evasori certamente ma anche chi ha guadagnato grazie alla speculazione, le rendite finanziarie, i grandi patrimoni.

Lei parla di pensioni, di licenziamenti ma c'è una parte dell'opposizione che sta già sulle barricate: non crede che siete un'alternativa poco credibile?
Se l'opposizione non parte dalla lettera della Bce di quest'estate e dal documento sottoscritto dalle parti sociali manca l'appuntamento con la storia. Noi non siamo disponibili a pasticci, metteremo la nostra forza politica per riunire il Paese. Servono scelte importanti, impopolari che si possono realizzare solo se c'è un'intesa cordiale tra contrapposti, altrimenti non si faranno mai perché nessuno vuole rischiare di perdere le elezioni.

Ma perché si arrivi a questa «cordialità», occorre passare dalle urne?
Io lavoro perché capiti prima. La democrazia ha delle regole, si basa sui numeri parlamentari e sulla contabilità Berlusconi ha argomenti molto più convincenti dei nostri...

Lei allora crede poco agli anonimi dissidenti che con una lettera chiedono al premier il passo indietro?
Io mi auguro che l'insofferenza diffusa nel Pdl emerga. Lo spero per il Paese perché per me, per il Terzo polo, egoisticamente più il governo va avanti arrancando in questo modo meglio è.

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