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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2011 alle ore 07:40.

Il primo spunto di riflessione per la sua prima giornata di servizio come nuovo governatore della Banca d'Italia glielo ha fornito ieri personalmente Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo. Ignazio Visco, da oggi nuovo numero uno di Palazzo Koch, era presente ieri nel salone di Palazzo Altieri durante il convegno dell'Abi, insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che qualche giorno fa - dopo avergli fatto i suoi più calorosi auguri per il nuovo incarico - lo ha anche insignito della più alta onorificenza italiana, quella di cavaliere di Gran croce.

Bazoli non si è limitato a sottolineare che quattrocento punti base di spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi sono qualcosa di insostenibile anche nel breve termine per le banche italiane; ha anche affermato che il temporaneo rafforzamento patrimoniale con il core tier one al 9% sancito in Europa (e ratificato a livello di expertise tecnica dalla European banking authority diretta da Londra dall'italiano Andrea Enria), è stato definito con dei criteri ingiustamente penalizzanti per le aziende di credito italiane e troppo favorevoli per altre banche di altri Paesi europei maggiormente dedite ad attività speculative.

Ma ci sono margini di revisione? Quella protesta ad alta voce espressa dal più autorevole banchiere italiano nascondeva anche la speranza di aprire un dialogo con Eba e soprattutto, con Bankitalia?

Il fatto è che quelle cifre fornite qualche giorno fa da Londra affermano che per l'aggregato costituito dalle cinque maggiori banche italiane è necessario reperire alla svelta un cuscinetto patrimoniale aggiuntivo di ben 14,7 miliardi, calcolato sulla base dei bilanci al 30 giugno; ma la determinazione del fabbisogno aggiuntivo effettivo avverrà il 30 novembre prossimo sulla base dei dati al 30 settembre. Probabilmente, però, è proprio la variabile tempo quella sulla quale una possibilità di lavorare per gravare di minori oneri aggiuntivi le banche italiane, esiste: se il Governo italiano mettesse in campo velocemente una politica di bilancio efficace, se lo spread con i titoli di Stato tedeschi tornasse rapidamente su valori più umani e se, soprattutto, slittassero in avanti i tempi previsti per la fotografia dei dati di bilancio bancari in base alla quale calcolare il fabbisogno di capitale effettivo, quella fotografia sarebbe meno brutta. È questo il senso del messaggio inoltrato a via Nazionale, oltre che a Londra, dalle banche italiane.

Quanto a lui, Ignazio Visco è stato il primo a sottolineare nelle sue due audizioni in Parlamento, quest'estate, quanto possa essere devastante a lungo andare il persistere di un elevato differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e bund tedeschi. Sull'aritmetica del debito pubblico, che può schiacciare come un macigno la crescita, già ridotta al lumicino quest'anno, Visco era tornato a più riprese: non ci possiamo permettere un differenziale tedesco che torni in modo permanente oltre i 300 punti base, perché con uno stock del debito pubblico pari al 120% del Pil (quello medio di Eurolandia è all'80 per cento) il costo aggiuntivo per le finanze pubbliche italiane di tre punti in più di oneri per interessi aggiuntivi sarebbe pari a qualcosa come 3,6 punti di Pil.

«Con gli spread che sfiorano i 400 punti - ha commentato il Financial times - la nomina di Visco non poteva capitare in un momento migliore». Sull'assoluta necessità di porre mano alle riforme e alle macroiniziative che innalzino il potenziale di sviluppo italiano la Banca d'Italia insiste da tempo: c'è dunque da giurare che per l'economista napoletano cresciuto alla scuola di Ciampi e Padoa-Schioppa, il dossier riforme della spesa pubblica sarà in cima alla lista. Quanto alla crescita, il consiglio lanciato al legislatore è quello di cambiare la composizione delle entrate pubbliche, alleggerendo il carico fiscale gravante sul costo del lavoro.

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