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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2011 alle ore 17:49.

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Il ministro delle finanze brasiliano ha definito questo tipo di interventi guerre valutarie. Ed è qui che è subentrato Sarkozy, il quale, sfruttando la presidenza di turno al G20, ha cercato di forgiare una serie di linee guida esecutive per governare la gestione dei flussi di capitale.

Le linee guida proposte dal Fmi raccomandano ai Paesi di utilizzare le attività di vigilanza sui conti capitale solo in ultima istanza, ossia dopo aver ricorso ad altre misure quali l’accumulo di riserve, l’apprezzamento delle valute e i tagli ai deficit di bilancio. In risposta a queste proposte, una indipendente, composta da ex funzionari statali e accademici, è stata creata per prendere in esame l’uso delle attività di vigilanza sui conti capitale e per offrire una per l’uso di tali attività nei Paesi in via di sviluppo.

Tra le svariate conclusioni e raccomandazioni, la nostra task force ha rilevato che nei casi in cui il Fmi considerava efficaci le attività di vigilanza sui conti capitale, tali misure rientravano in un kit di politiche macroeconomiche più ampio e venivano dispiegate tempestivamente, insieme ad altre misure, e quindi non in ultima istanza. A meno che i Paesi non abbiano siglato trattati sul commercio e sugli investimenti che restringano l’uso di tali attività (molti li hanno), lo Statuto (Articles of Agreement) del Fmi dà loro piena libertà di azione per gestire i flussi di capitale. Affidare tali misure allo stato di ultima istanza ridurrebbe le opzioni a disposizione proprio nel momento in cui i Paesi hanno bisogno del maggior numero di strumenti per prevenire e mitigare le crisi.

Invece di abbracciare un codice di condotta esecutivo a livello globale che potrebbe paradossalmente portare all’apertura obbligatoria di conti capitale in tutto il globo, il Fmi, il G20, il Financial Stability Board (Fsb) e altri enti dovrebbero cercare di mettere in buona luce le attività di vigilanza sui conti capitale e tutelare la capacità dei Paesi di impiegarle. In effetti, il Fmi potrebbe aiutare i Paesi a prevenire l’elusione delle attività di vigilanza, e insieme al G20 e al Fsb, dovrebbe condurre un dialogo globale sulla misura in cui i Paesi dovrebbero coordinare tali attività.

Gli interessi dei Paesi sono principalmente allineati a favore di tale coordinamento. Le economie industrializzate stanno tentando di riprendersi dalla crisi e desiderano che crediti e capitali restino sul proprio territorio per incentivare la crescita, mentre i Paesi in via di sviluppo non hanno molto interesse a ricevere le ondate di capitale a breve scadenza. In questo modo i Paesi industrializzati potrebbero aggiustare le proprie normative fiscali e impiegare altri tipi di regolamentazione per mantenere in casa i capitali, mentre i mercati emergenti potrebbero attuare misure volte a modificare la composizione e a ridurre il livello degli afflussi potenzialmente destabilizzanti.

José Antonio Ocampo, ex ministro delle finanze in Colombia, è professore presso l’Università della Columbia. Stephany Griffith-Jones è a capo del dipartimento Financial Programs of the Initiative for Policy Dialogue presso l’Università della Columbia. Kevin Gallagher è professore di relazioni internazionali all’Università di Boston.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

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