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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2011 alle ore 09:03.

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ROMA. Una certezza: il contributivo per tutti, da estendere anche a parlamentari e alte cariche dello Stato. Un obiettivo: l'armonizzazione di tutte le aliquote contributive con un riallineamento verso il basso, in prima battuta al 30-31% per le assunzioni di giovani e donne e a regime al 28-29% per tutto il mondo del lavoro. Un nodo da sciogliere: il collocamento a 62 o, più probabilmente, a 63 anni di età della soglia minima di pensionamento su cui costruire il nuovo sistema flessibile di uscite per superare i trattamenti di anzianità e favorire un rapido innalzamento dell'età pensionabile media. Il tutto accompagnato dal rafforzamento della previdenza integrativa e dal riassetto degli enti previdenziali con la nascita del super-Inps. Il piano del Governo Monti per riformare la previdenza non è ancora nero su bianco, ma il solco su cui dovrebbe muoversi il neo-ministro Elsa Fornero sembra già tracciato.

La strategia
Per ora Fornero non ha dato indicazioni, limitandosi ad affermare che nel Consiglio dei ministri di lunedì sarà avviata la discussione sulle misure da adottare nelle prossime settimane. La rotta però appare chiara: accelerare la transizione del sistema previdenziale, che a regime (nel medio-lungo periodo) risulta già sostenibile, garantendo maggiori certezze alle giovani generazioni. Il tutto seguendo le coordinate tracciate fin dal primo momento dal premier, Mario Monti: rigore, crescita ed equità. Come hanno già detto Monti e Fornero non sarà trascurato il confronto con le parti sociali. Un confronto che dovrà però necessariamente esaurirsi in tempi abbastanza celeri.

Contributivo per tutti
Un punto fermo nel piano che il ministro Fornero metterà a punto nelle prossime ore è rappresentato dall'adozione a tutto campo del metodo contributivo nella forma pro rata dal 2012. E con tutta probabilità il Governo premerà sul Parlamento affinché adotti, pur nell'ambito della sua autonomia, anche per i vitalizi di deputati e senatori il contributivo, che dovrebbe essere esteso a tutte le alte cariche dello Stato. Resta da capire se il contributivo avrà effetto retroattivo o se, magari, sarà usato nella forma 'pura' (quindi non pro-rata) in funzione di disincentivo per chi 'esce' con meno di 65 anni. E in questa direzione già vanno alcune proposte sostanzialmente bipartisan.

Superare le anzianità
L'altro punto fermo è il superamento delle anzianità. Considerando le proposte in campo del Pd (da Tiziano Treu a Pier Paolo Baretta e Cesare Damiano) e anche di qualche esponente del Pdl (Giuliano Cazzola) la strada più percorribile sembra essere quella di ricorrere a un sistema flessibile di uscite con un minimo di 62-63 anni fino a un massimo di 67-70 anni, disincentivando i pensionamenti con meno di 65 anni e incentivando quelli con più di 66 anni. Due i disincentivi possibili: l'adozione del contributivo puro o un meccanismo di penalizzazioni, come quello previsto dall'ultima proposta Baretta-Damiano (forbice 62-70 anni): 3% in meno con 64 anni, 6% con 63 e 9% con 62 anni. Uno dei nodi è proprio quello dei 62 anni.

Il governo sembra puntare a far salire la soglia minima a 63 anni ma per realizzare questa operazione dovrebbe, anche accelerando il sistema delle quote, ricorrere a uno 'scalino' o a un 'mini-scalone' visto che per il prossimo anno è ancora prevista quota 96 (61 anni di età e 35 di contributi o 60+36). In ogni caso il sistema flessibile consentirebbe di accelerare anche il percorso per alzare la soglia di vecchiaia lavoratrici private a 67 anni (oggi fissata nel 2026). Poche chance sembra invece avere l'eventuale approdo a quota 100, ipotizzato nei mesi scorsi, che coinvolgerebbe anche i pensionamenti con il solo canale contributivo dei 40 anni di contribuzione.

Riduzione delle aliquote
Le risorse che saranno recuperato con i nuovi interventi sulla previdenza dovrebbero, in gran parte, essere usate per ridurre il peso contributivo su lavoratori e imprese, a cominciare dalle assunzioni di giovani e donne per le quali le aliquote potrebbero scendere di 2-3 punti dal 33% al 31-30 per cento. Il Governo è orientato ad armonizzare tutte le aliquote contributive (oggi si va da un minimo dall'8,6% per i parlamentari a un massimo del 33% per i lavoratori dipendenti) riallineandole poi verso il basso possibilmente, a regime, a quota 28-29 per cento.

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