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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2011 alle ore 06:41.

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L'alluvione di Saponara, del Messinese e della Calabria in poche parole: tre morti (tra i quali un ragazzino di 10 anni); potrebbero sbloccarsi i finanziamenti per 162 milioni che erano stati stanziati (e non spesi) per l'alluvione di Giampilieri di due ani fa; il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricordato l'importanza della prevenzione.
La cronaca. È toccata alla madre la sorte orrenda di trovare e tirare fuori dal fango il corpo senza vita di Luca Vinci, 10 anni, morto martedì nella frana che a Saponara ha spazzato alcune case. Trovato anche il cadavere di Giuseppe Valla, 28 anni, mentre il padre Luigi Valla, 55 anni, è sepolto da una massa di terra spessa 5 metri. Una donna di 24 anni, ritenuta dispersa, è stata salvata.
Il presidente Napolitano, nell'esprimere il dolore per le persone uccise dai crolli, ha richiamato l'esigenza assoluta di «adeguate e costanti politiche di prevenzione, cui affiancare una puntuale azione di vigilanza e di controllo delle situazioni a rischio».
I ministri Anna Maria Cancellieri (Interno) e Corrado Clini (Ambiente) hanno visitato insieme con il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, le zone del Messinese spazzate dagli allagamenti e dalle frane di martedì. Gabrielli ha annunciato: «Ho l'impegno personale del presidente del Consiglio Mario Monti per trovare nel primo Consiglio dei ministri possibile la soluzione giuridica per rendere disponibili i 162 milioni di euro stanziati per le frane di Giampilieri e San Fratello». Frane che colpirono una larga parte del Messinese nella notte fra il 1° e il 2 ottobre 2009; morì una trentina di persone.
Il Consiglio dei ministri di domani potrebbe approvare interventi a sostegno delle popolazioni colpite dal maltempo di questi giorni.
La Procura di Messina ha aperto un'inchiesta contro ignoti (ipotesi di reato di disastro colposo e omicidio colposo) sulla frana di Saponara.
Il ritardo nella prevenzione del rischio idrogeologico è stato misurato ieri a Roma durante il Water Forum, organizzato da Confindustria e dall'Ambasciata dei Paesi bassi. Bernardo De Bernardinis, presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, illustra numeri terribili: «Nel '98 è stato stimato che per la mitigazione del rischio idrogeologico in Italia sarebbero stati necessari 40 miliardi di euro». Dal '99 al 2010, nonostante questi propositi, la spesa è stata di 3 miliardi. E i mancati investimenti sono costati cari. «Le emergenze – dice De Bernardinis – costano ogni anno tra i 2 e i 3,5 miliardi».
Fa impressione il confronto con l'Olanda, che ieri ha portato al Water Forum la sua testimonianza. Nel delta del Reno, i Paesi bassi hanno a disposizione un miliardo di euro l'anno. Soldi gestiti da un commissario governativo, Wim Kujiken: «Noi produciamo gran parte del nostro Pil in quell'area – spiega –. Notiamo un cedimento del suolo, l'innalzamento del mare, un aumento della portata dei fiumi. Fenomeni da tenere sotto controllo costante».
Il ritardo italiano rappresenta un fardello non soltanto sociale ma anche economico. Per questo motivo Cesare Trevisani, vicepresidente di Confindustria per Infrastrutture, logistica e mobilità, lancia tre richieste: «Dobbiamo intervenire subito. Bisogna creare l'Autorità dedicata al settore idrico, si deve accorciare la catena dei soggetti che hanno competenza in materia di acqua e va affrontato il problema delle risorse». Un problema dal quale partono tutti gli altri ragionamenti. «Possono esserci anche pochi fondi – aggiunge Trevisani – ma vanno erogati con continuità. Dobbiamo chiudere la stagione dei piani straordinari per agire in maniera sistematica».
Alle richieste di Trevisani risponde il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini: «Dobbiamo attrezzare il territorio italiano ai cambiamenti in atto. Non servono misure di emergenza ma occorre il potenziamento delle infrastrutture». La catena di comando che controlla questo settore va rivista. «Abbiamo assistito a modificazioni dei sistemi di gestione che non sempre hanno generato risposte adeguate. Serve più ingegneria idrica e meno ingegneria istituzionale». Infine, aggiunge, l'Autorità di settore sembra ormai molto vicina.
All'alluvione terribile e vera è seguita l'alluvione metaforica di comunicati stampa e dichiarazioni. Meritano gli interventi del Wwf e del Consiglio nazionale dei geologi. Il Wwf ricorda che secondo i piani di assetto idrogeologico «fin dal 2003 si sa che in Sicilia almeno 206 comuni su 272 hanno aree a potenziale rischio idrogeologico per cui c'era il tempo per definire piani di emergenza e almeno per evitare o ridurre le vittime». Per i geologi, parla il loro presidente, Gian Vito Graziano: nel Messinese è stato evitato il peggio «i geologi dei presìdi territoriali sono riusciti a mettere in salvo famiglie che non volevano lasciare le case».
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