Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 08:14.

My24


MILANO
Consumi indietro tutta. Ieri l'Istat, con il quinto dato negativo consecutivo del commercio al dettaglio, ha sostanzialmente ufficializzato l'ingresso del nostro Paese in una nuova fase recessiva. Soffrono in particolare i prodotti non alimentari, al centro della politica del rinvio dell'acquisto.
A settembre l'indice destagionalizzato Istat delle vendite al dettaglio ha segnato un calo dello 0,4% rispetto ad agosto 2011 e dell'1,6% rispetto a settembre 2010.
«La situazione dei consumi è pesante – commenta Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, che rappresenta l'industria di marca – Preoccupa il prolungato calo delle vendite, anche dei generi di prima necessità. Ci aspettiamo dal governo Monti urgenti misure di rilancio della domanda interna. La riattivazione della crescita non può prescindere dalla ripresa dei consumi».
«Confermiamo la nostra convinzione – commenta Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione – che sia urgente impostare una coraggiosa politica di rilancio del Paese che affianchi, al risanamento dei conti pubblici, provvedimenti per la crescita centrati sulla ripresa della domanda interna. Dobbiamo ridare produttività e competitività alle aziende rompendo l'ingessatura che blocca il nostro sistema economico attraverso scelte che promuovano una maggiore libertà d'azione alle imprese».
Tutti gli operatori quindi convengono che non ci sarà crescita se prima l'Italia non rilancerà i consumi interni. Per questo è importante che «il Governo – osserva Francesco Montuolo, vice presidente di Confimprese, l'associazione del commercio moderno e del franchising – eviti di adottare provvedimenti come l'ipotesi di ritoccare nuovamente l'Iva e adotti invece misure che ridiano ossigeno al potere d'acquisto delle famiglie. Ma ci sono anche riforme a costo zero: le aperture dei negozi alla domenica, il part-time flessibile, norme che agevolino l'avvio al lavoro per giovani e donne, meno burocrazia che mortifica gli investimenti e l'avvio di nuove imprese».
A questo proposito, secondo indiscrezioni, le organizzazioni dell'industria di largo consumo, di marca e della distribuzione starebbero mettendo a punto una proposta della filiera, con l'assistenza di Ref e Boston consulting group, che punta al rilancio dei consumi e che verrà presentata a un confronto con il governo. Forse la base di partenza potrebbe essere quella di Indicod-Ecr, l'ente che raggruppa 35mila aziende industriali e distributive dei beni di Largo consumo, che in primavera, sempre con la consulenza di Bcg, propose al governo Berlusconi (senza ricevere risposta) una politica di sostegno diretto ai consumi per le famiglie a basso reddito con figli, il rilancio dell'occupazione femminile e un nuovo programma di liberalizzazioni della rete distributiva.
Tornando in dettaglio ai dati Istat, nei primi nove mesi del 2011, le vendite di alimentari hanno segnato un incremento dello 0,1% e quelle di prodotti non alimentari un calo dell'1,2%. Nella gara fra chi soffre di più la spunta il canale commerciale dei piccoli negozi che registra, su base annuale, un tonfo del 2,8% mentre la grande distribuzione segna un mini rialzo dello 0,2%. Con gli hard discount che fanno la parte del leone, +2,9%: un altro effetto della crisi, ma anche «una tendenza pericolosa - avverte Sergio Marini, presidente della Coldiretti - perchè al basso prezzo spesso corrisponde una bassa qualità: il risparmio è solo apparente e oltre un certo limite aumentano i rischi di nutrirsi con alimenti di contenuto scadente».
Nella graduatoria merceologica del non food, le calzature fanno il passo del gambero con un -6,7% su base annuale, gli elettrodomestici e l'elettronica di consumo arretrano del 4,6% e l'abbigliamento del 4,2. Paradossalmente si difendono meglio i consumi voluttuari: profumeria e prodotti per la cura della persona segnano -0,4% mentre gioielli e orologeria -0,8%.
L'Ufficio studi di Confcommercio annuncia che siamo entrati in una fase recessiva dei consumi nonostante «il calo dei fatturati di molte imprese abbia spinto diverse di loro ad applicare con estrema cautela gli aumenti derivanti dall'innalzamento al 21% dell'aliquota ordinaria. Il sistema produttivo-distributivo, quindi, ha traslato in avanti l'incremento dell'imposta in misura inferiore alle attese».
Sarà recessione profonda? Forse la prova generale l'avremo con i consumi di Natale, fondamentali per i bilanci di molti comparti produttivi. «Prevediamo – dichiara Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum - un calo del giro d'affari a Natale compreso tra il 5 e il 10%, dovuto sia alla crisi economica sia alla tendenza delle famiglie a utilizzare le tredicesime per far fronte ai debiti accumulati nel secondo periodo dell'anno, compresi i pagamenti delle utenze domestiche che hanno registrato aumenti ben al di sopra dell'inflazione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi