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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2011 alle ore 08:13.

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TORINO. Dal nostro inviato
«Siete troppi, dovete aggregarvi». L'indicazione al sistema dei consorzi fidi, che ieri a Torino ha riunito la consulta dei presidenti delle strutture legate a Confindustria, arriva ormai dall'intero sistema.
Lo chiede il leader degli industriali Emma Marcegaglia, intervenuta con un videomessaggio, lo ribadisce l'Abi, lo lascia intendere Bankitalia, per voce del Direttore dell'Area Vigilanza Stefano Mieli. La necessità di una razionalizzazione del comparto, che nel 2010 ha fornito al sistema delle imprese affidamenti garantiti per oltre 5,5 miliardi, è del resto ben presente ai vertici della categoria, come ha spiegato il presidente di Federconfidi. «La parola chiave – indica Pietro Mulatero – è "sistema". L'economia in questa fase non ci aiuta, la normativa sta cambiando e anche il nostro settore deve adattarsi alla nuova realtà».
Il ruolo di queste strutture diventa quanto mai cruciale ora, in una fase in cui le banche faticano a trovare le risorse necessarie per erogare credito alle imprese e la corsa degli spread impone di fatto un razionamento all'intero sistema. E gli stessi confidi, davanti alla frenata dell'economia, si trovano in una situazione di sofferenze crescenti e coefficienti patrimoniali sempre più ridotti. «Il ruolo dei consorzi fidi è cruciale – spiega la Marcegaglia – e chiederemo di modificare la legge per consentire ad una maggiore platea di soggetti pubblici e privati di entrare nel capitale dei consorzi e rafforzarne il patrimonio. Così come auspichiamo un rapido ripristino delle risorse per il fondo centrale di garanzia, penalizzato pesantemente dall'ultima manovra: nella situazione attuale verrebbero a mancare 4,8 miliardi di investimenti e per le imprese questo è un freno in più allo sviluppo».
C'è fame di risorse, dunque. Ma come utilizzarle? Una via è indicata da Bankitalia, che auspica un utilizzo prioritario dei fondi pubblici verso i confidi "107", quelli cioè che rientrano nella vigilanza di Via Nazionale e che in prospettiva dovrebbero rappresentare l'architrave del sistema. Già ora, del resto, questa tipologia rappresenta per Federconfidi l'86% degli affidamenti in essere ma solo il 31,9% dal punto di vista numerico. Sono 47 le strutture di Federconfidi, ma ben 451 quelle complessive esistenti in Italia. «Una via possibile – spiega il vicepresidente di Confindustria Aldo Bonomi – è anche per i confidi la scelta della rete: un modo per sviluppare sinergie fra strutture e tagliare i costi senza rinunciare alla propria individualità». E fare efficienza, ascoltando l'analisi di Bankitalia, sembra in effetti una via obbligata. Per Via Nazionale, infatti, la redditività del sistema è ancora troppo fragile, mentre sul fronte dei controlli vi è a volte una sottovalutazione delle partite deteriorate. Indicazioni precise, tuttavia, arrivano anche per le banche, cui si chiede di adeguare le procedure alla nuova normativa, riducendo cioè l'assorbimento di capitale, e dunque il prezzo del prestito, a fronte di un'operazione attivata nei confronti dei confidi "vigilati". I costi del controllo – in sintesi – devono ancora essere "capitalizzati" dal sistema per fornire benefici concreti al sistema delle imprese. Il momento resta critico e la crisi del debito nell'Eurozona porta nell'immediato a difficoltà aggiuntive per chi deve finanziarsi. Poche settimane fa – spiega il presidente di Finpiemonte Massimo Feira – l'Abi ha chiesto di sospendere le convenzioni che hanno un tetto massimo allo spread. «Il problema vero – conclude – non è però il prezzo, quanto piuttosto la scarsità delle risorse a disposizione per investire».
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Gli affidamenti garantiti
47
Confidi di Confindustria
Dal 2001 il numero è sceso del 44%. I 15 Confidi vigilati sviluppano l'86% dei fidi garantiti
2.221
Dimensione media
Ciascun consorzio ha in media oltre 2mila associati; al Sud si scende a quota 996 (al Nord sono 4.422)

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