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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2011 alle ore 14:14.

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Ne parlava come se la creatura fosse ancora lì ad ascoltarlo. Lui, Mimì La Cavera, primo presidente di Sicindustria, morto a febbraio di quest'anno a 95 anni, se n'è andato con l'amarezza di vedere la sua creatura più grande in uno stato ormai comatoso. Della costruzione della Fiat a Termini Imerese La Cavera parlava sempre con grande orgoglio così come parlava con entusiasmo di un polo dell'«Auto del 3000. Il governo ci metta un miliardo o anche più e costringa Marchionne a rimanere in Sicilia» diceva. perché credeva che la costruzione delle auto e non il mero assemblaggio di vetture dovesse continuare a esistere sempre lì nella piana di Imera.

Era stato lui a far arrivare qui la famiglia Agnelli cui rimase legato da grande amicizia: lui, l'ingegnere, il presidente degli industriali, il liberale di sinistra amico dei comunisti, uno degli artefici del milazzismo (un'alleanza trasversale che mise la Dc all'opposizione al governo della regione), lo strenuo sostenitore di uno sviluppo industriale in Sicilia che non fosse appendice dello sviluppo del Nord, l'inventore della Sofis, la Società finanziaria siciliana che doveva raccogliere il risparmio dei siciliani e reinvestirlo per creare imprese. Fu lui, si diceva, Mimì, a porre a Vittorio Valletta la questione di un'industria dell'auto in Sicilia: «Durante un viaggio in America da presidente di Sicindustria – ha raccontato La Cavera che da Confindustria è stato espulso nel 1958 – ho conosciuto Vittorio Valletta, il grande presidente Fiat di quegli anni. Quando tornai negli Usa da direttore generale della Sofis ci incontrammo nuovamente e cominciammo a parlare della possibilità di fare una società insieme. Ci trovammo d'accordo su tante cose. In quella occasione Valletta mi disse: questa volta lei è stupido se con la Sofis non sfrutta al meglio la situazione. Comincio io e mi faccio un'industria in Sicilia. Nacque la Sicilfiat. Ci furono poi attacchi ma Valletta non ne tenne conto e realizzò comunque la Sicilfiat: fu la prima volta in assoluto che la Fiat anziché essere semplicemente Fiat fu Sicilfiat perché era in società con la Sofis».

Una fabbrica con una partecipazione regionale, il primo e più grande esperimento di alleanza tra il povero Sud e una grande impresa del Nord: Il nome di Sicilfiat era stato scelto perché la Regione Sicilia deteneva il 40% del capitale: rappresentava per Agnelli una garanzia. Per vedere uscire la prima automobile a Termini Imerese si dovette aspettare il 19 aprile 1970 quasi 12 anni dopo la posa della prima pietra dello stabilimento: era una Cinquecento. E rappresentava, secondo le cronache entusiaste del tempo, l'inizio di una grande avventura: camminava in Cinquecento il sogno di industrializzazione della Sicilia, terra legata all'economia agricola.

Non a caso la maggior parte dei 350 dipendenti era stata reclutata tra i contadini e gli artigiani del comprensorio di Termini e dei paesi delle Madonie.
Qui si sono prodotti i modelli più popolari della casa torinese come la 126, la Panda, la Punto, fino alla Lancia Ypsilon di cui esce oggi l'ultimo esemplare.
L'intervento pubblico, come era nella logica e nelle intenzioni dello stesso La Cavera il quale sosteneva che la Sofis dovesse stare nelle aziende solo il tempo necessario di farle andare a regime, cessò quasi subito: già il primo novembre 1970 lo stabilimento era tutto della Fiat. La fabbrica è presto diventata un modello produttivo, come ha riconosciuto fino a qualche tempo fa lo stesso Marchionne, tanto che i dipendenti erano già 1.500 quando, nel 1979, è entrata in produzione la Panda. Si lavorava su tre turni e nella seconda metà degli anni 80 Termini occupava 3.200 operai, oltre i 1.200 nelle aziende dell'indotto.

La crisi è cominciata nel 1993 quando, con la produzione della Tipo, è arrivata anche la cassa integrazione. Il numero dei lavoratori scese. Nel 2002 furono licenziati 223 dipendenti e si prospettò la chiusura. La battaglia degli operai salvò la fabbrica. Ma il declino era ormai cominciato. I dipendenti scesero a 1.536, quelli dell'indotto a circa 800. L'annuncio della chiusura sarebbe arrivato di nuovo l'anno scorso a tre anni di distanza dell'ultimo fallimento: nel 2007, dopo mesi di discussione, il piano di rilancio che prevedeva il trasferimento nel palermitano della produzione Fiat poi finita in Seria, rimase sulla carta.

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