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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:18.

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MILANO. Rispetto ai maquillages un po' patetici con cui fino a ieri la politica ha tentato senza successo di spegnere le fiammate «anti-casta», non c'è partita. Da solo, però, nemmeno il passaggio al contributivo «pro rata» anche per la previdenza dei parlamentari, che dovrà essere tradotto in pratica dopo gli annunci dei giorni scorsi, è un toccasana per i bilanci di Camera e Senato.

Una volta a regime, il sistema sarà più equilibrato ed equo, perché offrirà ai parlamentari un trattamento analogo a quello degli altri lavoratori, ma la strada per arrivarci è lunghissima. Nell'immediato, anzi, i costi aumenteranno, perché alle spese per i vitalizi di chi già li percepisce o ha maturato il diritto si sommerà la quota contributiva a carico del «datore di lavoro», che dovrebbe impegnare Montecitorio e Palazzo Madama come qualsiasi altra impresa.

Chi invece può cominciare subito a guadagnarci qualcosa sono i parlamentari attuali, che perdono orizzonti previdenziali sontuosi ma potrebbero veder diminuire le proprie trattenute. Quella oggi applicata sul vitalizio, infatti, non abbassa l'imponibile fiscale, mentre con il sistema applicato per gli altri lavoratori l'Irpef non graffia i contributi a carico del lavoratore. Abbassando lo stipendio lordo senza toccare il risultato netto, poi, la novità limerebbe anche il peso del «contributo di solidarietà» a carico dei deputati. Per chi è più interessato alle entrate attuali che ai vitalizi futuri, è una buona notizia.

I numeri dicono che il sistema oggi è squilibrato: Camera e Senato ricevono in trattenute 17 milioni all'anno (con l'aliquota dell'8,6% applicata su deputati e senatori, più il 2,15% per chi vuole la reversibilità), e ne spendono in vitalizi più di 215, cioè 13 volte tanto. A regime, la spesa dovrebbe attestarsi al doppio della trattenuta, cioè intorno ai 35 milioni all'anno.

Il problema è la «gobba» data dalla convivenza dei due sistemi: dal momento che ci sono ex deputati under 50 che già hanno maturato il diritto al vecchio vitalizio, il doppio binario è destinato a durare 40 anni. Per questa ragione l'Idv parla di «intervento insufficiente» mentre Marco Stradiotto, senatore del Pd specializzato nei conti in tasca ai parlamentari, propone di prevedere un tetto massimo anche ai vitalizi già erogati. «Se si abbassa il lordo attuale, devono scendere anche i vitalizi già erogati – aggiunge Stradiotto – perché il sistema funziona se il passo indietro lo fanno tutti».

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