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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2011 alle ore 08:04.

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ROMA. I singoli addendi della manovra fanno ritenere fin d'ora che si vada verso un nuovo, inevitabile aumento della pressione fiscale. Si potrebbe sfondare il muro del 44,5% del Pil nel 2013. Già la Nota di aggiornamento del Def, presentata in settembre dal precedente governo, stimava per il 2013 il 43,9% per quel che riguarda il totale di tasse e contributi in rapporto al Pil. Ora occorrerà tener conto delle ulteriori, nuove misure fiscali. L'incremento che è possibile ipotizzare fin d'ora è di almeno 1,8 punti rispetto al 42,7% atteso per fine anno.

Per esplicita ammissione dello stesso governo, anche nella manovra varata due sere fa dal Consiglio dei ministri il peso delle maggiori entrate risulta predominante. In linea peraltro con il combinato delle due manovre di luglio e agosto, che per il 65% si sono affidate alla leva fiscale per tentare di riequilibrare i conti pubblici. Cambia la composizione ma il risultato non si discosta dalle proiezioni precedenti: se prima l'effetto di maggior incremento della pressione fiscale era attribuibile alla vecchia «clausola di salvaguardia» connessa alla delega fiscale (con relativo taglio delle agevolazioni), ora sarà tra l'altro l'Iva a far lievitare il peso complessivo di imposte e contributi sull'economia. Il tutto in presenza di un denominatore (il Pil) piatto nella migliore delle ipotesi (2013), sotto zero nella peggiore (2012).

Si imporrà a questo punto quanto meno una riflessione sul destino della delega fiscale. Uno degli assi portanti del ddl varato dal precedente governo è che si dovrebbe passare a una struttura del prelievo Irpef basato su tre sole aliquote: 20, 30 e 40 per cento, senza peraltro che siano specificati i relativi scaglioni di reddito. Appare improbabile che tale impianto possa essere confermato.
(D.Pes.)

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