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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2011 alle ore 18:28.

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Matt Yglesias e Kevin Drum hanno ragione quando dicono, a proposito delle rivelazioni sulle condizioni estremamente favorevoli riservate alle grandi banche in occasione della crisi finanziaria del 2008, che il vero scandalo non è tanto che lo Stato sia intervenuto in soccorso di quelle banche, quanto il fatto che non abbia fatto altrettanto per il resto della popolazione.

Recentemente, in un articolo sulla rivista online Slate intitolato «La generosità della Fed ha regalato 13 miliardi di dollari alle più grandi banche d'America», Yglesias scrive: «Che la Banca centrale stesse erogando prestiti di emergenza su ampia scala alle banche, in una forma o nell'altra, e che alcune persone non vedessero affatto di buon occhio questi prestiti, giudicati un turpe bailout fatto per consentire alle banche di rimanere sul mercato, è sempre stato chiaro. Ma quello che sta venendo fuori inequivocabilmente ora è che questi prestiti sono avvenuti a tassi tutt'altro che punitivi: le banche hanno ricevuto liquidità a prezzi scontatissimi e questo ha consentito loro di realizzare profitti finalizzati a risolvere, almeno parzialmente, grossi problemi di solvibilità».

Drum, editorialista di un'altra rivista, Mother Jones, ha scritto il 28 novembre che è d'accordo con le osservazioni di Yglesias e che «i grandi crac finanziari producono sempre ingiustizie intrinseche. Per qualche ragione, però, abbiamo chiuso un occhio su queste ingiustizie quando è stata Wall Street che è venuta a mendicare soldi, mentre sono diventate un'ossessione quando alla porta si è presentato il resto della popolazione».

Non c'è dubbio, la Federal Reserve e il dipartimento del Tesoro avrebbero dovuto imporre condizioni più severe, e penso che la situazione politica oggi sarebbe ben diversa (in meglio) se l'amministrazione Obama avesse messo in amministrazione controllata almeno una delle grandi banche. Ma con la crisi era necessario che il denaro circolasse liberamente, e la verità è che i regali ricevuti dai banchieri danno fastidio moralmente, ma non sono una causa dei problemi attuali.

La cosa imperdonabile è il fatto che le autorità (la Fed ma non solo) abbiano sostanzialmente proclamato che la missione era compiuta non appena il panico sui mercati finanziari si è allentato e le Borse hanno ricominciato a salire. A primavera ricorrerà il terzo anniversario di una dichiarazione di Ben Bernanke, il presidente della Fed, sui «germogli» della ripresa che cominciavano a intravedersi (nonostante ci fossero ancora 4 milioni di americani senza lavoro da più di un anno). Ma nessuno sembra aver avvertito l'urgenza di risolvere il problema della disoccupazione: al contrario, la classe dirigente ha passato il tempo a parlare di cose come la necessità di ridurre i trattamenti pensionistici tra dieci o vent'anni.

Come dice Drum, è questo che ha scatenato la radicalizzazione.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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