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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2011 alle ore 10:08.

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NEW YORK – La più grande mancanza nel mondo non è di petrolio, di acqua pulita, o di cibo, ma di leadership morale. Con un impegno alla verità - scientifica, etica e personale - una società è in grado di superare le innumerevoli crisi di povertà, di malattie, fame e instabilità a cui siamo confrontati. Eppure, il potere aborre la verità, e la combatte strenuamente.

Havel è stato un leader centrale dei movimenti rivoluzionari che culminarono con la libertà nell'Europa dell'Est e con la fine, questo mese di venti anni fa, dell'Unione Sovietica. Le opere, gli scritti e le lettere di Havel descrissero la battaglia morale del vivere onestamente sotto le dittature comuniste dell'Europa dell'Est. Rischiò tutto per vivere nella verità, come la chiamava - onesto verso sé stesso ed eroicamente onesto verso il potere autoritario che reprimeva la sua società e calpestava le libertà di centinaia di milioni.

Egli pagò a caro prezzo la sua scelta, trascorrendo diversi anni in carcere e molti altri sotto sorveglianza, vessazioni e censura dei suoi scritti. Eppure il bagliore della verità si diffuse. Havel diede speranza, coraggio, e perfino mancanza di paura ad una generazione di suoi compatrioti. Quando la ragnatela di bugie collassò nel novembre 1989, centinaia di migliaia di Cechi e Slovacchi si riversarono nelle strade per proclamare la loro libertà - e per proiettare lo scrittore bandito ed incarcerato verso il castello di Praga come nuovo presidente eletto della Cecoslovacchia.

Io fui testimone del potere di vivere nella verità in quell'anno, quando la leadership
del movimento di Solidarietà polacco mi chiese di aiutare la Polonia nella sua transizione verso la democrazia ed un'economia di mercato - parte di ciò che i polacchi chiamarono il loro "ritorno in Europa". Incontrai e fui profondamente ispirato da molti nella regione che, come Havel, vivevano nella verità: Adam Michnik, Jacek Kuron, Bronislaw Geremek, Gregorsz Lindenberg, Jan Smolar, Irena Grosfeld, e, ovviamente, Lech Walesa. Questi coraggiosi uomini e donne, e quelli come Tadeusz Mazowiecki e Leszek Balcerowicz che guidarono la Polonia nei suoi primi passi nella libertà, ebbero successo grazie alla loro combinazione di coraggio, intelletto ed integrità.

Il potere di dire la verità quell'anno creò un abbagliante senso di possibilità, provato dal disfacimento di una delle egemonie più ricalcitranti della storia: la dominazione sovietica dell'Europa dell'Est. Michnik, come Havel, irradiava la gioia della verità senza paura. Gli chiesi nel luglio 1989, mentre il regime comunista della Polonia si stava già disfacendo, quando la libertà avrebbe raggiunto Praga. Mi rispose, "Entro la fine dell'anno".

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