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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2011 alle ore 08:54.

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Neppure le vacanze natalizie stanno lasciando tregua alle cancellerie europee. Le tensioni sui mercati hanno confermato l'urgenza di dare una risposta alla crisi debitoria. In attesa di un salto federale, che molti ritengono l'unica soluzione credibile, l'Europa sta negoziando su due fronti: un accordo intergovernativo, che metta nero su bianco una nuova disciplina di bilancio, e il potenziamento dei parafiamme finanziari.

Prima di Natale si è svolta a Bruxelles una prima riunione sul futuro trattato intergovernativo, voluto dai Paesi della zona euro ma che potrebbe essere fatto proprio anche da altri nove paesi dell'Unione (esclusa la Gran Bretagna che per ora ha preso le distanze). Entro il 29 dicembre i Governi dovranno presentare possibili suggerimenti scritti alla prima bozza preparata dai servizi legali del consiglio europeo.

L'Italia vorrà ammorbidire l'articolo 4, che riguarda la riduzione graduale del debito eccessivo, riferendosi a «fattori rilevanti», così come previsti dalla riforma del patto di stabilità. La Francia chiede maggiore coordinamento delle politiche fiscali. La Germania vuole condizionare l'uso del fondo di stabilità Esm, che entrerà in vigore in estate, alla ratifica del trattato intergovernativo (ma molti Paesi sono contrari).

Il programma per la stesura della nuova intesa prevede una prossima riunione a livello tecnico, probabilmente il 6 gennaio, per consentire ai ministri finanziari di discutere una nuova bozza nella loro riunione del 23-24 gennaio. Il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy ha poi convocato per il 30 gennaio un nuovo summit a 27 a livello di capi di Stato e di Governo. Il negoziato è irto di ostacoli. Non solo molti Stati vogliono modificare la prima bozza del trattato nel merito, ma in alcuni Paesi i governi sono divisi se appoggiare o meno l'iniziativa. In Irlanda poi c'è la possibilità che venga indetto un referendum, con il rischio di bocciatura. Molti diplomatici guardano con angoscia all'eventualità che l'intesa, se mai verrà approvata dal consiglio, sia ratificata solo da alcuni Paesi della zona euro.

Lo stesso potenziamento del fondo di stabilità europeo Efsf, paracadute finanziario per i paesi in crisi e precursore dell'Esm, si sta rivelando più difficile del previsto. L'idea di aumentare le risorse del Fmi di 200 miliardi di euro, da utilizzare in Europa, è fallita. Per ora Londra si è rifiutata di partecipare, tanto che i contributi dei Paesi della zona euro ammontano ad appena 150 miliardi.

La zona euro è ostaggio di mercati che vorrebbero al tempo stesso conti risanati e crescita economica. Ormai alcuni diplomatici si chiedono se il raggiungimento a tutti i costi, nei prossimi due anni, del pareggio di bilancio sia opportuno, tenuto conto anche del clima sociale. Per ora, la Commissione europea a Bruxelles conferma gli obiettivi, ma forse è solo questione di tempo prima di assistere a qualche ripensamento.

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