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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2012 alle ore 06:41.

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ROMA
Il trasferimento dei diritti d'uso delle frequenze è vietato se il diritto a utilizzarle è stato ottenuto inizialmente a titolo gratuito. È una della maggiori novità contenute nell'emendamento al Codice delle comunicazioni elettroniche messo a punto dal ministero per lo Sviluppo. Obiettivo: recepire in Italia - in ritardo rispetto al termine del 25 maggio 2011 - due direttive europee del 2009, la 136 e la 140. Quest'ultima dà la possibilità agli Stati membri d'introdurre il divieto di trading per le frequenze date in uso gratuitamente. Il testo è stato sottoposto, con una prassi non usuale, a una consultazione pubblica che si è chiusa il 28 dicembre, alla chetichella o quasi.
L'articolo 14-ter sul «trasferimento o sull'affitto di diritti individuali d'uso delle Radiofrequenze» contiene la non applicabilità della norma nel caso in cui i diritti individuali d'uso delle frequenze (che sono e restano, nelle direttive Ue, un patrimonio pubblico, ndr) siano stati ottenuti a titolo gratuito. Il testo dovrà ora essere trasferito all'interno della legge Comunitaria o diventare un decreto legislativo che dovrà ricevere il parere delle commissioni parlamentari competenti. Si può ancora cambiare, insomma, e qualche fonte ministeriale ha spiegato che potrebbe non applicarsi alle televisioni. Queste ultime non sono convinte di tale interpretazione. Tanto che l'associazione Aeranti-Corallo, partecipando alla consultazione, chiede la rimozione di tale norma perché, una volta approvata in via definitiva, «tutti i soggetti locali e nazionali che hanno ottenuto o otterranno il rilascio di diritti d'uso delle frequenze per la tv digitale terrestre in sede di transizione dall'analogico (essendo tale rilascio a titolo gratuito) non potranno trasferire o affittare tale diritto d'uso». Per Aeranti-Corallo si introdurrebbe un principio mai applicato in Italia sia per la tv analogica sia per quella digitale, tra l'altro «ostacolando un processo di razionalizzazione del settore, attraverso accorpamenti».
Il testo del Ministero assesta un colpo di maglio alla procedura del beauty contest, ovvero all'assegnazione gratuita di sei frequenze televisive nazionali. Il relativo bando, infatti, ne consente la cessione a cinque anni dal loro ottenimento. Il divieto si applicherebbe a tutte le altre 34 frequenze ottenute dalle emittenti tv come "eredità analogica".
Il nuovo quadro regolamentare europeo prevede un uso flessibile e neutrale dello spettro, senza esclusive o vincoli a favore di un servizio o di una tecnologia: non dovranno più esistere frequenze per la tv e frequenze "per i cellulari".
La nuova norma sembra dar ragione a chi chiede un'asta competitiva anche per le frequenze tv. Un'assegnazione «non gratuita» che consentirebbe un successivo trading. Tesi che deve fare i conti con un assetto del sistema televisivo verticalmente integrato e a elevata concentrazione, a scapito dei soggetti deboli e dei nuovi entranti. In caso di annullamento del beauty contest bisognerà spiegare alla Commissione in che modo l'Italia intende permettere ai nuovi entranti e a chi ne ha diritto, di avere accesso alle frequenze. Proprio da questa impossibilità si è aperta la procedura d'infrazione che la Ue non ha chiuso in attesa di capire gli esiti del "concorso di bellezza".
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