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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2012 alle ore 08:03.
Dalla prossima settimana entra nel vivo il confronto sulla riforma del mercato del lavoro.
Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, concluderà la prima fase di tavoli bilaterali – avviata l'altro ieri con il faccia a faccia con Susanna Camusso –, incontrando lunedì i segretari generali della Cisl e della Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, rispettivamente alle 14,30 e alle 17, martedì toccherà al segretario generale dell'Ugl Giovanni Centrella. Mentre mercoledì si recherà nella sede del ministero la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.
Che prima dell'incontro presiederà il direttivo degli imprenditori, il primo del 2012, convocato per discutere di mercato del lavoro, crescita e liberalizzazioni. Confindustria ha fatto sapere che intende affrontare la riforma del lavoro «con quello stesso spirito di apertura e dialogo che ha consentito di giungere all'accordo del 28 giugno», per questo ha condiviso l'appello del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a procedere lungo la strada tracciata da quell'intesa fortemente voluta dalla Marcegalia.
Tra i sindacati, la leader della Cgil si dice pronta a siglare un nuovo patto, ma avverte il Governo: «deve sapere che sull'articolo 18 noi non trattiamo, ha una funzione deterrente per i licenziamenti senza giusta causa non può essere aggirato o modificato». Anche per il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, discutere di articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è come «andare appresso agli asini che volano invece di affrontare i problemi veri».
Bonanni da tempo sollecita un «confronto serio e ampio», esteso ai problemi della crescita, per arrivare ad un nuovo Patto sociale: «Se il Governo non vorrà fare una concertazione, non vorrà trattare ma solo consultarci significa che vuole fare a modo suo – aggiunge –. A quel punto a noi non resta altro che protestare».
Luigi Angeletti apre sulla possibilità di «riscrivere le regole sui licenziamenti», ma difende l'articolo 18: «Dice semplicemente che ci deve essere un giusto motivo per licenziare – afferma il segretario generale della Uil –. Poi ci sono le procedure per licenziare, spesso confuse e contraddittorie. Riscriviamo queste norme in modo chiaro, traducibile in inglese, come dice Ichino. Altrimenti si scivola nel paradosso, siccome non riusciamo a chiarire aboliamo le regole».
Sul tavolo del confronto che si svilupperà la prossima settimana peserà anche l'incognita costi per quel che riguarda l'atteso intervento di riordino degli ammortizzatori sociali. L'inversione di tendenza sulle ore autorizzate di cassa integrazione nel 2011 (con un calo del 20% a quota 953 milioni) fa ben sperare ma non basta.
Complessivamente la spesa per finanziare gli ammortizzatori sociali è praticamente raddoppiata a causa della Grande recessione passando dallo 0,8% del Pil del 2008 all'1,7% del 2010, secondo i calcoli pubblicati nell'ultimo Bilancio sociale dell'Inps. Nell'ultimo anno di rilevazione, in particolare, è stata raggiunta quota 20,4 miliardi (rispetto ai 10,7 del 2008) con un incremento di due miliardi della spesa per la cassa integrazione (da 5 a 7 miliardi) e una stabilizzazione della disoccupazione (attorno agli 11 miliardi) mentre la mobilità è passata dal miliardo e mezzo di spesa del 2008 ai 2,2 miliardi del 2010.
A pesare sui conti Inps non sono solo le integrazione al reddito dei lavoratori sospesi dalle attività o che hanno perduto il posto (quasi 4 milioni nel 2010, ma la stima è per difetto) ma anche i contributi figurativi accreditati, che sono sostanzialmente a carico dello Stato. Per la sola cassa integrazione la spesa è passata dai 616 milioni del 2008 ai 3,7 miliardi del 2010. Nel loro insieme lo stock dei contributi figurativi pagati dall'Inps su tutti gli ammortizzatori sociali attivati è passata dai 4,5 miliardi del 2008, prima anno della recessione, agli 8,9 del 2010. Dati su cui dovranno riflettere Governo e parti sociali, in attesa dell'aggiornamento al 2011.
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