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Questo articolo è stato pubblicato il 13 gennaio 2012 alle ore 17:39.

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La necessità di riorganizzare Fincantieri, con il piano che la Fiom respinge mentre le altre forze sindacali accolgono come un percorso inevitabile, ha origine da una situazione di mercato che ha visto dimezzarsi il numero di commesse nel settore delle navi da crociera (comparto in cui il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha conquistato la leadership mondiale) e passare da 16 nel 2007 a 8 nel 2011. Un fattore che ha reso necessario, a un'azienda con 8 siti produttivi in Italia, approdare a un modello organizzativo che consenta di superare la crisi indotta dal drammatico rallentamento della domanda. Il quale riguarda sia le produzioni di nicchia (come navi da crociera o cruise-ferry) sia il naviglio standard (costruito ormai quasi esclusivamente in Corea e Cina).
Per quanto riguarda, poi, i traghetti di lusso, di lunghezza superiore a 170 metri (comparto di interesse per Fincantieri), la domanda mondiale è stata nulla nel 2011 e sono stati registrati solo due ordini di ferry sopra i 150 metri. Numerose, inoltre le cancellazioni che hanno portato anche al fallimento dei cantieri iberici Barreras.

Tutto questo ha fatto sì che, in Europa, la perdita di occupazione nella cantieristica navale, stimata a tutto il 2011, sia di circa 50mila unità, su circa 135mila posti di lavoro (-40%) direttamente riconducibili all'industria cantieristica, senza contare le ripercussioni sull'indotto. E se nel 1980 l'Europa aveva una quota di mercato di cantieristica del 30%, nel 2007 era scesa al 5% e nel 2010 è arrivata al 4%. Per questo la navalmeccanica europea ha riorganizzato i propri siti produttivi. In Francia, dove erano presenti due grandi gruppi, ne è rimasto solo uno, che è stato poi acquisito dai coreani di Stx. Si tratta di Stx France (di cui lo stato francese detiene il 33,34%, ndr), che fa parte del gruppo Stx Europe. Quest'ultimo, oltre al sito francese, in cui i dipendenti sono scesi da 4.900 a 2.300, possiede il cantiere Stx Finland, in cui la forza lavoro è passata da 5.500 lavoratori a 2.900. La Germania, che era il più grande produttore di navi in Europa, ha liquidato i cantieri Thyssenkrupp, mantenendo solo lo stabilimento Meyer Werft, dove oggi lavorano 2.500 persone. Infine,in Danimarca, Maersk, proprietaria del cantiere Odense Shpyard, unico stabilimento europeo a realizzare ancora, in esclusiva per il gruppo, portacontainer di grandi dimensioni, dopo la consegna dell'ultima nave ha deciso di smantellare tutto.

Fincantieri, viceversa, ha finora mantenuto sostanzialmente invariata la sua organizzazione aziendale e, fino al 2008, ha avuto una forza lavoro di 9.100 dipendenti, oggi scesa a 8.100 col solo utilizzo del blocco del turnover.
Su una struttura (unica in Europa) con 8 cantieri, pesa dunque particolarmente il fatto che nel 2011 siano stati emessi solo otto ordini, nel mondo, di navi da crociera (tre dei quali sono andati a Fincantieri), mentre si riaffaccia sul mercato un competitor asiatico, il Giappone, che dopo anni di assenza dal settore delle navi da crociera, è rientrato sulla scena, acquisendo, con i cantieri Mitsubishi, la commessa di due unità da Aida, brand del gruppo statunitense Carnival, principale cliente di Fincantieri (e azionista dell'italiana Costa Crociere). Per la firma del contratto (ottenuto con uno sconto del 20% rispetto agli standard europei) è stato fondamentale il supporto offerto dalla Jbic, Japan bank for international cooperation, attraverso crediti all'esportazione verso i Paesi industrializzati, non ammissibili fino a poco tempo fa. E tutto avviene proprio in un momento in cui, l'attuale situazione dei tassi differenziali per l'Italia rende molto difficile, per una compagnia internazionale, investire in nuove commesse nel nostro Paese. Ne consegue che la Germania, per l'attuale situazione finanziaria, e forte dell'indubbia qualità della sua navalmeccanica, diventa un concorrente più pericoloso di prima per l'Italia e, segnatamente, per Fincantieri.

Alla luce di tutto questo arriva il piano industriale 2012-2013 del gruppo guidato da Bono, che prevede la cassa integrazione straordinaria per un tetto massimo 3.670 persone e 1.243 esuberi da portare fuori con mobilità volontaria incentivata e pensionamenti. L'azienda si è inoltre impegnata a investire nei vari stabilimenti 102 milioni complessivi nel biennio e a salvaguardare tutti i siti produttivi, con un programma di razionalizzazione ed efficientamento del sistema aziendale. Mentre l'ipotesi di chiudere i cantieri di Genova Sestri Ponente (che da marzo sarà senza commesse) e di Castellammare di Stabia, messa sul tavolo a maggio 2011 dall'azienda, e poi ritirata, viene cancellata; nella speranza che, entro il 2014, il mercato riparta. E nonostante uno studio su Fincantieri (commissionato dal precedente governo all'advisor Roland Berger, ma accantonato dall'attuale esecutivo) avalli, a quanto trapela, la necessità di chiudere i siti. Per Sestri, dunque, in virtù di un accordo di programma firmato con le istituzioni locali, si profila l'allargamento verso mare dello stabilimento (con un investimento di 60 milioni, 50 dei quali statali, già stanziati, e 10 dell'Autorità portuale di Genova); e per Castellammare, un protocollo d'intesa siglato da azienda e Regione Campania, punta alla realizzazione di un nuovo bacino di carenaggio.

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