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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2012 alle ore 08:13.

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MILANO. La banca dati con tutte le informazioni e la documentazione antimafia non è ancora partita e sulla carta, nonostante la volontà di accelerazione da parte del Governo Monti, ci vorranno anni. Allora ci pensa la Prefettura di Milano ad anticiparla in vista di Expo 2015. Sarà infatti lei ad avere la competenza al rilascio di tutte le certificazioni antimafia per l'intera filiera degli esecutori indipendentemente dalla sede della società.

Tradotto in parole povere vuol dire che la Prefettura milanese centralizzerà richieste, controlli, autorizzazioni e interdittive di tutti coloro i quali saranno chiamati a posare anche una sola pietra in vista dei lavori e non sarà più la singola stazione appaltante a ricevere la documentazione dall'imprenditore, sulla quale la prefettura in cui ha sede l'impresa è chiamata a fare le verifiche.

È il contenuto più importante del primo protocollo di legalità che domani, lunedì 13 febbraio, salvo sorprese, sarà firmato dalla società Expo 2015 e dalla prefettura alla presenza del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. Il commento del numero due della Direzione nazionale antimafia, Alberto Cisterna è inequivocabile. «Expo 2015 è l'ultima frontiera per arginare la ‘ndrangheta al Nord, se ce la farà a penetrare nelle gare e nei lavori, nulla sarà più come prima in Lombardia – afferma il sostituto procuratore nazionale – e i boss realizzerebbero una rete di collusioni e complicità che richiederebbe un decennio per essere smantellata e quel che abbiamo visto sino ad ora, a confronto, sarebbe uno scherzo. Expo 2015 può essere la Stalingrado di una ‘ndrangheta vorace e arrogante. Tocca allo Stato chiudere la partita».

La Commissione parlamentare antimafia nella relazione approvata il 25 gennaio 2012 ha ricordato che l'Expo comporta la realizzazione di ben 17 grandi opere infrastrutturali connesse (viarie, ferroviarie e metropolitane, contemplate o direttamente indicate nel dossier di candidatura), alcune delle quali sono in realtà opere già avviate indipendentemente dall'Expo e poi rifinanziate con i fondi stanziati per la manifestazione internazionale. «L'elenco delle opere previste fa percepire concretamente che è in arrivo su Milano una marea di denaro pubblico – scrive il presidente Beppe Pisanu – stimato fino a 25 miliardi tra opere e costi diretti (ossia creazione degli spazi espositivi e gestione, che rappresentano tuttavia la voce minore, pari a circa 4 miliardi) e costi indiretti (infrastrutture connesse). Per questo l'Expo 2015 rappresenta una vera e propria emergenza di legalità per i concreti e notevoli rischi di infiltrazione delle imprese mafiose nelle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei lavori». L'allarme sulle possibili infiltrazioni è stato rilanciato anche dalla Procura nazionale antimafia nell'ultima, corposa relazione (si veda il Sole 24 Ore del 9 febbraio).

Il protocollo prevede altri tre capisaldi. Innanzitutto il controllo antimafia, sempre in capo alla Prefettura di Milano, per tutti i soggetti appartenenti alla filiera delle imprese e senza limitazioni di soglie in relazione al valore degli appalti. Dunque da un euro a un miliardo di valore, non ci sarà un centesimo che sfuggirà a verifica. È una disciplina che richiama il cosiddetto modello Caserta, il cui protocollo ha operato un notevole abbattimento delle soglie comunitarie, portando a 250mila euro il valore di opere o lavori pubblici, a 100mila euro quello dei subappalti ed a 50mila euro quello per prestazioni di servizi o forniture e prevedendo altresì l'obbligo di richiedere le informazioni antimafia per tutte le forniture “sensibili” (trasporto e smaltimento di rifiuti o terra) indipendentemente dal valore contrattuale.

A questo si lega a doppio filo il terzo pilastro del protocollo, vale a dire l'accertamento del rispetto della normativa in materia di tracciamento dei flussi finanziari (cosiddetti conti dedicati). È un meccanismo di monitoraggio dei flussi finanziari originati dall'appalto, che in seguito ad una legge del 2010 impone procedure utili alla “tracciabilità" dei movimenti finanziari, relativi allo specifico appalto, tra tutti i soggetti coinvolti nell'attività (concessionario, contraente, affidatario, sub-affidatario, ecc.). I flussi di denaro connessi con la realizzazione dell'opera vengono canalizzati su appositi conti dedicati e monitorati anche per importi inferiori a quelli stabiliti dalla normativa antiriciclaggio. L'ultimo punto non è meno importante: la verifica anche sui flussi di manodopera, visto che proprio questo è uno dei punti dolenti delle imprese mafiose che fanno quasi sempre ricorso a lavoratori in nero, sottopagati e senza contribuzione.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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