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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2012 alle ore 07:51.

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Vocazione verso i mercati esteri e capacità di aggregazione. Passa attraverso questi canali il credito che ancora oggi, nonostante il credit crunch, viene concesso alle imprese.

Il contrastato rapporto tra mondo bancario e imprenditoriale, infatti, non è fatto soltanto di occasioni perdute. Muovendosi tra gli imprenditori (si veda l'articolo in basso) si scopre un mondo dove il confronto è ancora aperto e le opportunità non mancano.

Ma qual è la ricetta vincente che apre la borsa degli istituti di credito? Sicuramente quella che mette insieme gli ingredienti più richiesti, difficili però da trovare tutti nella stessa azienda: buona capacità di esportazione, buoni fondamentali, business plan credibile e professionale, capacità di aggregazione e innovazione, disponibilità dell'imprenditore a investire nell'azienda fondi propri.

Grande rilevanza viene data dagli istituti di credito alla capacità di presidiare i mercati esteri. Alla luce di un'economia domestica stagnante, infatti, le potenzialità di crescita non possono che orientarsi fuori confine. L'esempio di Unicredit è emblematico: con una presenza in 22 Paesi e uffici in 50, l'obiettivo della banca è favorire l'internazionalizzazione di 15mila aziende. Il modello offerto prevede, oltre al finanziamento, un servizio di consulenza volto ad orientare le imprese nei giusti mercati di sbocco e supportarle nei Paesi di business. Attenzione crescente viene dedicata dalle banche ai progetti di aggregazione. Da tempo, ormai, i principali gruppi bancari stanno mettendo a punto strumenti per migliorare il merito creditizio delle singole aziende alla luce del maggior valore dato dalla rete. Un modo per riconoscere l'importanza dell'aggregazione in un sistema nazionale condizionato negativamente dai limiti dimensionali delle attività economiche. I punti di accordo tra i due mondi – bancario e imprenditoriale –, dunque, non sono mancati neanche nel passato. I numeri della moratoria del debito ne sono una prova: dall'agosto 2009 per 220mila aziende sono stati rinviati debiti per 69 miliardi.

«Alla luce delle persistenti difficoltà – spiega Ambra Redaelli, presidente del comitato regionale Piccola Industria e responsabile credito per Confindustria Lombardia –, Confindustria e Abi si stanno confrontando per valutare le iniziative per uscire da questa crisi: la riapertura della moratoria, che è stata tanto utile durante la prima crisi, sarà riproposta per chi non ne ha ancora usufruito». Su questa linea anche gli accordi nazionali tra banche e imprese, come quello tra la Piccola di Confindustria e Intesa Sanpaolo, che vede in Lombardia una serie di iniziative volte a valorizzare il territorio e a monitorare le esigenze delle imprese.

I numeri della stretta, però, sono evidenti. Tra novembre e dicembre 2011, infatti, gli impieghi delle banche sono calati di 21 miliardi. Gli unici settori che hanno guadagnato sono stati agricoltura, silvicoltura e pesca; estrazioni di minerali da cave e miniere, attività di servizi di alloggio e ristorazione. Per gli altri il calo è stato forte: quasi 4 miliardi per la fabbricazione di raffinati del petrolio, prodotti chimici e farmaceutici; 3,6 miliardi per il commercio; 3 miliardi per le costruzioni. Una crisi evidente anche nell'aumento delle sofferenze bancarie delle imprese, che nello stesso periodo sono cresciute di quasi 2 miliardi di euro.

Per far fronte ai problemi di liquidità delle imprese non sono mancate le iniziative delle banche. Mps, per esempio, ha avviato un progetto destinato a nuove imprese da finanziare per supportare il circolante e far fronte al mancato rispetto dei tempi di pagamento. Un'iniziativa volta alla ricerca di nuova clientela, che riapre il mercato dopo mesi di stop.

«Il nostro sistema bancario – conclude Redaelli – ha saputo reggere più di altri perché non si è lasciato tentare dalle alchimie finanziarie e ha sempre puntato sul manifatturiero e sulle Pmi, dando un contributo alla crescita del Paese. Un modello da replicare senza disperdere energie in inutili contrapposizioni, mettendo insieme tutte le risorse disponibili: il fondo centrale di garanzia recentemente potenziato e riformato, la cassa depositi e prestiti, il sistema bancario, le regioni, le camere di commercio, i confidi, il fondo italiano di investimento, la Sace, ma anche la Banca Europea e il Fondo Europeo per gli investimenti».

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