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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 08:36.

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«Incinta? A casa» Rai nella bufera«Incinta? A casa» Rai nella bufera

Viale Mazzini ci ripensa. Il direttore generale della Rai Lorenza Lei dichiara infatti di non aver «alcuna difficoltà a togliere» la contestata clausola sulla maternità «dai contratti, per una diversa formulazione che non urti la suscettibilità fatta salva la normativa vigente che non è nella disponibilità della Rai poter cambiare». Lo rende noto l'azienda dopo la bagarre scatenata dal punto 10 del contratto di consulenza che la Rai offre ai collaboratori esterni a partita Iva.

«Nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore, dovrà darcene tempestiva comunicazione. Ove i fatti richiamati impedissero, a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute, quest'ultima potrà essere risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore».
Il grigio linguaggio contrattuale, contenuto nella «clausola» è sufficientemente crudo e chiaro: le maternità o le malattie prolungate dei collaboratori a partita Iva non sono gradite nel servizio radiotelevisivo italiano. È il pane quotidiano conosciuto da decine di migliaia di precari di tutta Italia, ma vederselo scritto così, nero su bianco, fa tutto un altro effetto, e ha il sapore di una beffa. Per questo "Errori di Stampa", il coordinamento dei giornalisti precari romani, ieri ha preso carta e penna e scritto al direttore generale Lorenza Lei, chiedendo di «porre fine al proliferare di contratti "ultraleggeri", di sostituirli con scritture più serie, realisticamente rispondenti alle mansioni del lavoratore», aggiungendo la richiesta di «stralciare la penosa clausola gravidanza contenuta nel contratto di consulenza».

Oggi, come conferma Errori di Stampa, sono circa 1.600 i precari in Rai, più della metà giornalisti. «La politica di via Mazzini, da anni – si legge nella lettera di denuncia – è assumere i giornalisti che lavorano per i programmi di rete e non di testata con contratti-truffa come quelli da "consulente", "presentatore-regista" o "programmista-regista". Etichette dietro alle quali, per lo più, si celano redattori che svolgono attività giornalistica. Assunti però senza uno straccio di tutela, pagati a partita Iva e a puntata, a fronte di fatture in cui è vietata inserire la voce Inpgi, l'istituto di previdenza sociale giornalistica».

In serata, ieri il direttore generale della Rai, Lorenza Lei ha chiarito: «Ho dato agli uffici competenti l'incarico di valutare interventi sulla clausola, anche se tengo a sottolineare che in Rai non c'è mai stata alcuna discriminazione». L'azienda, nel corso della giornata aveva già replicato, negando l'esistenza di una clausola licenziamenti per gravidanza. «Ai contratti di lavoro autonomo come è noto non si applica lo statuto dei lavoratori, nè le relative tutele – si legge in una nota –. Rai non si è mai sognata di interrompere unilateralmente contratti di collaborazione a causa di maternità, a meno che questo non sia stato richiesto dalle collaboratrici interessate per ragioni attinenti allo stato di salute o alla sfera personale».
La denuncia di Errori di Stampa ha provocato una serie di reazioni indignate. Il segretario della Cgil Susanna Camusso ha definito quel tipo di contratto «assolutamente illegittimo», mentre il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, ha ricordato che «la maternità è un diritto tutelato dalla Costituzione e non si tocca».

La clausola è stata giudicata «gravissima» anche dalla deputata dell'Udc Paola Binetti, mentre Nichi Vendola, presidente di Sel, ha rilanciato, ricordando che «oggi i vertici della Rai e le istituzioni hanno un'occasione d'oro. Se vogliono davvero dimostrare che sono contro la precarietà e a difesa della famiglia – ha detto – cancellino anacronistiche ed offensive norme capestro per le giovani collaboratrici».
«Una clausola che ci riporterebbe indietro di un secolo» ha aggiunto Chiara Moroni (Fli). Infine, «scioccante, dopo che per giorni si è parlato della rappresentazione delle donne nella Tv italiana– ha concluso Silvana Mura (Idv) –. Mi auguro che il ministro del Lavoro Elsa Fornero vorrà far sentire la propria voce».

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