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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2012 alle ore 07:52.

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Ai tempi di Cavour e Cattaneo, Carlo Lualdi consegnava, in carrozza, arredi su misura nei palazzi dell'alta borghesia milanese. Oggi, giunti alla quarta generazione (ma la quinta già scalda i motori), i cugini Alberto e Olga Lualdi rispondono, con la Lualdi Spa di Marcallo con Casone (hinterland milanese) alle esigenze residenziali di design della nuova top class rampante e pretenziosa in Russia, Cina e India, mantenendo lo zoccolo duro di affezionati negli Stati Uniti.
«All'estero non ci siamo andati per rispondere alla crisi – ha sottolineato Alberto Lualdi, al telefono da New York – ma eravamo già presenti da almeno 20 anni e in 40 Paesi, sia con la divisione arredi, sia con le porte». Di design dagli anni '60, ha sottolineato Olga Lualdi, «grazie all'incontro tra l'azienda e alcuni grandi architetti della Milano dell'epoca, Zanuso, Aulenti e Caccia Dominioni. Ed è con quest'ultimo che tra colori laccati e sgargianti e inserti in poliestere nascono le prime porte di design, cioè come elementi di personalizzazione dell'arredo».

La produzione è 100% italiana ma si esportano per il 40% gli arredi e per il 30% le porte. Il trend crescente dei ricavi si è interrotto bruscamente nel 2009, con 10,5 milioni rispetto ai quasi 15,5 milioni dell'anno precedente e un utile netto 2009 negativo a -1,5 milioni. «Colpa – ha spiegato Alberto Lualdi – del credit crunch che ha colpito Usa e Spagna con la crisi finanziaria. Avevamo commesse per 5 milioni nei due Paesi, ma l'attività edilizia si è bloccata. In Usa sta riprendendo solo ora, ma si è spostata dal residenziale ad hotel e ospedali. Mentre attici e penthouse di lusso non hanno mai sofferto la crisi».
Nel 2010, una risalita graduale a 12 milioni di euro e un utile netto che sfiora i 400mila euro. In tutto, non più di 64 dipendenti (diminuiti rispetto agli 80 di 6 anni fa per l'unificazione delle due divisioni, Lualdiarredi e Lualdiporte, in un'unica azienda), per oltre la metà composti da falegnami specializzati. L'investimento nella formazione del personale tecnico resta un capitolo oneroso ma essenziale.

«Nel nostro settore l'innovazione non va intesa come tecnologica – ha sottolineato Olga Lualdi – ma come capacità di legare la propria reputazione a continue certificazioni di qualità. Come la certificazione Fsc (Forest Stewardship Council) sulla ecosostenibilità delle foreste dalle quali è tratta la nostra materia prima. O le certificazioni per le porte tagliafuoco».
In Europa, inoltre, l'interesse si concentra anche sulle grandi forniture di prodotti d'alta gamma per hotel 5 stelle, sedi di banche e assicurazioni, architetture residenziali, musei e ambasciate. Cosa che è stata possibile inserendo nella gamma top anche prodotti cosidetti "contract" per potersi presentare alle gare con un pacchetto "all inclusive".

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