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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 alle ore 06:44.

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«Il 30 dicembre la banca mi ha chiamato. Pensavo per gli auguri, invece era la richiesta di revoca immediata del fido». Per la Progetti e Costruzioni spa di Genova il credit crunch si materializza così, alla fine dello scorso anno, con l'obbligo in pochi giorni per la titolare Nicoletta Viziano di riorganizzare le linee di credito con gli altri istituti e trovare rapidamente un milione di euro. Il racconto dell'azienda ligure si è replicato su vasta scala per moltissime realtà del settore, come evidenziano gli ultimi numeri di Bankitalia.

A novembre gli impieghi degli istituti di credito verso il settore delle costruzioni erano pari a 175,7 miliardi, un mese dopo i prestiti erano scesi a 172,5 miliardi. Stretta analoga anche per il settore immobiliare, dove le richieste di rientro sono state pari a 700 milioni di euro. Si tratta dunque di quasi quattro miliardi di impieghi in meno in un solo mese, il 20% dell'intera stretta creditizia verificatasi alla fine dello scorso anno nei confronti del sistema delle imprese.

«Le banche stesse ce lo dicono – spiega Nicoletta Viziano – il settore è considerato a rischio. Però ultimamente il loro comportamento non è esemplare, modificano in modo unilaterale e senza preavviso i contratti e faticano sempre più a erogare finanziamenti. In passato, nella nostra attività di costruzione di garage, utilizzavamo magari il 10% dei fidi concessi, ora si vende meno ed è ovvio che la richiesta di credito aumenti. Le banche però non assecondano questo trend e il risultato è che lo scorso anno in Liguria hanno chiuso 400 aziende di costruzioni e 2.000 persone hanno perso il lavoro».

Il racconto di B.L., imprenditore lombardo delle costruzioni, si sposta sul tema degli affidamenti di medio lungo termine, con condizioni capestro impossibili da accettare. «Dopo sei mesi di due diligence – spiega l'imprenditore – mi hanno proposto su un mutuo ipotecario da sei milioni uno spread del 4,5% e una commissione d'ingresso di un punto e mezzo. Uscendo dalla banca, dopo aver espresso le mie perplessità, il funzionario mi ha confessato che in fondo quelle condizioni erano un modo cortese per farmi capire che il prestito non si sarebbe potuto fare». Per il settore delle costruzioni gli ultimi numeri evidenziano una forte crescita delle sofferenze, balzate in un anno da 11,4 a 17,7 miliardi ed è quindi in parte comprensibile lo scarso entusiasmo degli istituti di credito nei confronti di nuove esposizioni per questo comparto.

«Certo – chiarisce l'imprenditore –, capisco che il nostro settore sia guardato con grande attenzione ma sarebbe opportuno distinguere tra le imprese strutturate, quelle che lavorano in conto proprio da anni e gli immobiliaristi dell'ultim'ora, gli improvvisati che provano a fare i soldi con una speculazione edilizia estemporanea. E poi mi piacerebbe maggiore chiarezza e trasparenza, senza farmi aspettare sei mesi per una riposta che puntualmente cita "l'algoritmo di Basilea 3" per motivare il no. Mi sembra un alibi un po' troppo facile».

L'altro aspetto problematico del settore, che alimenta a sua volta la prudenza delle banche, è la difficoltà nell'ottenere i pagamenti da parte dei clienti finali.

«La Pa paga con forti ritardi – spiega l'imprenditore siciliano Mimmo Costanzo – e di riflesso il nostro settore viene penalizzato. I tempi di risposta delle banche sono lunghissimi e i tassi arrivano al 6-6,5%». Sulla stessa linea il presidente di Assimpredil Ance Claudio De Albertis «La Pa – spiega – è sempre in ritardo ma anche i saldi tra privati stanno andando malissimo. Così le imprese di costruzioni stanno facendo da banca e infatti saltano come birilli. Il blocco maggiore però mi pare si verifichi nei confronti delle società di sviluppo immobiliare. Se il mutuo che ottengono, quando lo ottengono, ha uno spread di 600 punti, significa che poi per gli acquirenti finali la rata arriva a 850-900 punti ed è ovviamente insostenibile».
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