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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 08:07.

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La conferma che il Governo è alla ricerca di risorse certe per finanziare l'avvio del nuovo sistema degli ammortizzatori sociali evidentemente non basta. E non bastano neppure le garanzie date dal ministro del Lavoro che quelle risorse non verranno prese dal fondo sociale ma da un nuovo capitolo di bilancio a sé stante.

Il giorno dopo l'ennesimo incontro con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro a prevalere sui contenuti delle nuove proposte – la cassa integrazione più controllata e l'assicurazione sociale per l'impiego, dall'altra – sono le contrarietà manifestate da sindacati e organizzazioni delle imprese, preoccupati sull'adeguatezza delle coperture del nuovo sistema «universale» e dai tempi stretti indicati per la transizione al nuovo sistema nel 2015.

È in questo contesto che si devono leggere le dichiarazioni piuttosto risentite di Elsa Fornero che ieri ha messo sul piatto una sorta di scambio tra un «accordo più avanzato», capace di dare una risposta a tutti i temi ancora aperti sul tavolo del confronto, a partire dalle regole sui licenziamenti, e la certezza delle risorse per gli ammortizzatori. «Ma è chiaro – ha scandito il ministro – che se uno comincia con il dire no perché dovremo mettere lì una paccata di miliardi e dire, poi, voi diteci di sì? No, non si fa così». In serata il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, ha commentato: non ci sono tesoretti e le risorse sono scarse ma l'intesa sulla riforma «è di vitale importanza, perchè è essenziale per cambiare la nostra competitività e la crescita».

Il disegno messo in campo dal ministro è ampio e la trattativa comincia a rivelarsi pesante: «posso capire che l'interpretazione, di primo acchito, sia uno shock – ha ammesso Fornero – però ritengo che la riforma sia una buona riforma e mi risulterebbe molto difficile capire il sindacato italiano che non si dichiari d'accordo su una riforma che lavora per l'inclusione e l'universalità degli ammortizzatori sociali». Insomma, si deve andare avanti e chiudere molto in fretta. Lunedì prossimo c'è il prossimo incontro con tutte le parti già fissato a palazzo Chigi con l'obiettivo di arrivare alla conclusione entro la settimana. E nei prossimi giorni sono previsti nuovi incontri «bilaterali» per gli ultimi approfondimenti sui contratti e, appunto, il «nodo» delle regole per i licenziamenti. L'obiettivo è quello di un mercato più inclusivo e meno segmentato, e per arrivarci si dovranno smantellare le protezioni «che sono un po' privilegi» e garantire il merito. «Ma chi esce dal lavoro – ha ripetuto Fornero – non deve essere lasciato solo. E questo è possibile se ci sarà un buon sistema di ammortizzatori sociali».

Le frasi del ministro hanno naturalmente dato la stura a una serie di reazioni sindacali e politiche; queste ultime da leggere nella prospettiva dell'incontro di domani dei tre leader di Pdl, Pd e Udc con Mario Monti, in cui si parlerà anche di lavoro. «Non ero al tavolo ma nessuno mi ha riferito di aver visto una paccata di miliardi. Si saranno dimenticati di dirmelo» ha ironizzato il segretario del democratici, Pierluigi Bersani, mentre Stefano Fassina, responsabile economico del partito, ha accusato il ministro di «alimentare le guerre tra poveri». Critico anche Antonio Di Pietro, che ha parlato di «battuta grossolana che non fa ridere nessuno ma offende i lavoratori». Dalla parte del ministro si schierano invece Pdl e Fli, con Giuliano Cazzola e Italo Bocchino, secondo i quali sulla riforma del lavoro serve un confronto senza veti da parte dei sindacati. Perché allungarne i tempi, in questa fase, sarebbe da irresponsabili.

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