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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 06:41.
Si surriscalda il fronte Parmalat e la Borsa registra le tensioni con un balzo del 4,2% del titolo salito a quota 2,48 euro, mentre passa di mano il 6% del capitale. Intesa-Sanpaolo rompe gli indugi e cala l'asso di Enrico Bondi per la lista che si appresta a presentare in vista del rinnovo del consiglio.
I fondi esteri che hanno riunito in un patto il 15,3% del capitale che è nei loro portafogli, con vincolo che si scioglierà al termine dell'assemblea del 14 aprile, per il momento vanno avanti per la loro strada: venerdì, ultimo giorno utile, depositeranno l'elenco dei loro candidati al board, che segna un completo rinnovamento rispetto alla situazione esistente. Anche Assogestioni si prepara a stilare la propria lista.
Cosa succede? Succede che in campo sono scesi anche gli "interessi" dell'Italia, che gli allevatori temono uno spostamento verso l'estero del principale gruppo del latte tricolore, perchè produrre latte in Italia costa di più che in molti paesi confinanti e il profitto è profitto. Succede che tutto si è messo in moto dopo la visita "clandestina" di Bondi al segretario del consiglio dei ministri, Gianni Letta. E improvvisamente da Granarolo è arrivata un'apertura all'ipotesi di partecipare a una cordata italiana. E il vertice di Intesa-Sanpaolo, "banca di sistema", ha sostenuto la causa. Il ceo, Corrado Passera, lo ha ribadito anche ieri. «Parmalat – ha detto – è un'importante azienda italiana e quindi se si può fare qualcosa...Però non c'è nulla di annunciabile oggi».
Prima si passa dall'assemblea. Le liste dovranno essere depositate entro le 18 di domani. E, a meno di un (per ora) improbabile accordo ex ante, saranno tre. I fondi Skagen, MacKenzie e Zenit, forti del loro 15,3%, schierano come candidato presidente il banchiere Rainer Masera e come amministratore delegato ad interim Massimo Rossi, che comunque resterebbe in consiglio con la carica di vice-presidente. L'ex top manager di Swedish Match, che nella sua carriera professionale vanta un track record di un'ottantina di operazioni di M&A, ha posto in cima alle priorità del suo programma, se sarà eletto, quello di esaminare e definire una volta per tutte il dossier Granarolo, in vista di una possibile integrazione. Intesa, che è azionista al 20% del gruppo che è il principale concorrente in Italia di Parmalat, gioca però in proprio, con una mossa che non vuole essere in antagonismo, ma preservare la continuità nella discontinuità.
C'è tempo fino a cinque giorni prima dell'assemblea per acquistare azioni utili a sostenere con il voto una delle liste in lizza. Teoricamente – c'è una legge recente che lo permette – anche la società potrebbe raccogliere le deleghe dai soci (per esprimere il voto che credono) in modo da aumentare la partecipazione all'assemblea che nelle passate edizioni non è mai arrivata a superare il 25% del capitale.
A seconda di come si posizioneranno i voti, il meccanismo di elezione del cda potrebbe anche produrre la sorpresa di minoranze che diventano maggioranza. Il rebus è come si declinerà nella pratica la complicata regola dello statuto che assegna comunque non più di nove posti alla lista di maggioranza. Sugli 11 disponibili, tre ciascuno potrebbero andare alle tre liste, quella di maggioranza avrebbe poi l'aggiunta di altri due posti. In sostanza, potrebbe prodursi una situazione in cui la maggioranza dispone di cinque posti in consiglio, e le minoranze, insieme, di sei. Vada come vada, sarà comunque inevitabile un accordo per gestire e sviluppare l'azienda.
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