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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 07:53.

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Di Alessandro Graziani
«L'ipotesi dello spezzatino Parmalat non è fattibile, nè auspicabile. Ma è vero che qualcuno ci sta lavorando». Così ieri a tarda serata, uno dei principali banchieri italiani commentava l'ipotesi di un accordo di spartizione della Parmalat tra la cordata italiana e i francesi di Lactalis.

Eppure lo scontro economico-finanziario-industriale tra Italia e Francia è ormai arrivato ai massimi livelli di tensione. Troppo, per non pensare che sottotraccia le diplomazie non siano al lavoro per una soluzione pacifica e condivisa sui vari dossier, a partire da Edf-Edison fino a Lactalis-Parmalat. Su quest'ultimo versante, Governo e banche italiane sono particolarmente attivi – data la necessità di una soluzione rapida, in vista del board di venerdì – e stanno valutando ogni opzione concreta per opporsi ai francesi di Lactalis.

L'ipotesi che starebbe prendendo forma in queste ultime ore, smentita da ogni protagonista date le necessità tattiche di mantenere un clima di contrapposizione frontale fino all'ultimo istante, sarebbe quella di una separazione delle attività della Parmalat, che non lasci sul campo nè vinti nè vincitori. In sostanza, la cordata italiana che di fatto fa capo a Intesa Sanpaolo – preso atto dell'ormai evidente abbandono della scena da parte dei Ferrero – continua a puntare su una soluzione industriale-finanziaria che tenga conto delle reali forze in campo, degli interessi italiani e della necessità di trovare un'ipotesi che non contrasti con le esigenze del mercato.

E allora, partendo dal dato iniziale che i francesi di Lactalis ormai sono i primi soci con il 29,9% di Parmalat Holding, qualunque soluzione non può che profilarsi come un compromesso. L'idea più gettonata, se si troverà la quadra dei numeri, è quella che la cordata italiana – che conta su una serie di fondi di private equity, su Intesa Sanpaolo, e sul partner industriale Granarolo – presenti un'offerta a Parmalat Holding per rilevare le attività italiane della Parmalat. Ipotesi che, se fosse davvero percorsa fino in fondo, stando alle indiscrezioni vedrebbe anche UniCredit (almeno sul fronte del financing) a fianco di Intesa Sanpaolo. Con un'offerta di circa un miliardo di euro, la cordata finanziaria italiana potrebbe rilevare gli asset domestici di Parmalat. Che poi potrebbero essere oggetto di fusione con Granarolo, creando un big player domestico nel settore lattiero-caseario. Il merger industriale, che le banche d'affari stimano portebbe sinergie nell'ordine degli 80 milioni all'anno, rappresenterebbero il viatico per avviare un nuovo corso della futura Parmalat-Granarolo, che avrebbe come destinazione finale pluriennale il ritorno in Borsa e l'uscita (totale o parziale) dei private equity. Industrialmente il progetto sta insieme, finanziariamente pure (essendo ormai escluse iniziative reali sul 100% dell'attuale Parmalat) e politicamente ancora di più poichè il vero obiettivo del Governo italiano non può che limitarsi al mantenimento dell'italianità della filiera agroindustriale che sta a monte di Parmalat e Granarolo e non certo a preservare la proprietà domestica delle attività australiane o sudafricane di Parmalat.

E gli azionisti della Parmalat attuale? E Lactalis? Ai francesi, sempre che accettino una proposta che – considerati i rischi prospettati di una sterilizzazione dei diritti di voto – si profila come «un'offerta che non si può rifiutare», resterebbe la loro quota del 29,9% in una Parmalat "International" che, alla attuale dotazione di cassa di 1,4 miliardi, aggiungerebbe circa 1 miliardo ricavato dalla cessione delle attività italiane alla cordata che fa riferimento a Intesa Sanpaolo e ai fondi. Con la conseguenza che Lactalis potrebbe, a quel punto, lanciare un'Opa sul 100% della Parmalat residua praticamente a costo zero (la liquidità in cassa servirebbe a ripagare, quasi integralmente, il delisting). Senza danni per gli azionisti di minoranza, ancora traumatizzati dal crack dell'era Tanzi. Ma è probabile che prima di arrivare a questa soluzione, oggetto di contatti in queste ore tra i Palazzi della politica e della finanza, il braccio di ferro politico-istituzionale andrà avanti ancora per giorni.

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