Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 07:51.

L'avventura di Cesare Geronzi alle Generali è durata meno di un anno. Il banchiere romano, insediato il 25 aprile 2010 al termine dell'assemblea annuale degli azionisti, si è dimesso ieri dalla carica prima della riunione del consiglio straordinario della compagnia dove l'aspettava una dichiarazione di sfiducia sottoscritta da 12 consiglieri con l'eccezione, a quanto risulta, di Francesco Gaetano Caltagirone, Paolo Scaroni e Alessandro Pedersoli. Geronzi si è dimesso dal board, da tutti gli incarichi che occupava per la compagnia, compresi i patti di sindacato in Rcs, Mediobanca e Pirelli. È rimasto però a presiedere la fondazione Generali.
La decisione di abbandonare l'incarico - ha spiegato lo stesso ex-presidente in una lettera ripresa nella nota del gruppo – è stata presa «a seguito della situazione venutasi a creare per contrasti che non lo vedono partecipe nelle Generali, dopo pacata riflessione, nel superiore interesse della compagnia». Il consiglio - ha precisato la nota - ne ha preso atto «con rammarico» apprezzando il gesto «che mira a incidere favorevolmente sul clima aziendale». Fin qui la verità ufficiale. Quella ufficiosa è più ruvida.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, alla clamorosa decisione della sfiducia si è giunti martedì in un crescendo di opzioni. Ufficialmente la riunione del cda era stata convocata per decidere in merito alle deleghe sulla comunicazione affidate a Geronzi (l'esercizio delle quali ha sollevato molte polemiche), sui recenti comportamenti di alcuni amministratori (con riferimento alle esternazioni del vice presidente Vincent Bolloré). Oltrechè sull'ultima lettera ricevuta dall'Isvap a commento dei chiarimenti forniti dal gruppo nei mesi scorsi. La gran parte dei consiglieri ha maturato negli ultimi giorni il convincimento che, al punto cui era giunta la polemica al vertice, occorreva un chiarimento definitivo. Non sarebbe stato utile, per ricostituire un clima sereno, neppure quella sorta di sfiducia a metà rappresentata dal togliere a Geronzi le deleghe in tema di comunicazione e rapporti istituzionali. Si correva il rischio, tra l'altro, di arrivare ad una pirotecnica assemblea annuale degli azionisti già convocata per fine mese.
E dunque ieri mattina, nella sede romana delle Generali, Albero Nagel (Ad di Mediobanca, il maggiore azionista del Leone), Francesco Caltagirone - come vicario esercita da ieri le funzioni di presidente - e Lorenzo Pelliccioli avrebbero preso l'iniziativa di informare Geronzi che in consiglio l'attendeva la sfiducia. Non è chiaro se un vero testo è stato scritto ma la sostanza non cambia. Le dimissioni venivano richieste per riportare la serenità nel board e ricostituire un rapporto di fiducia con i mercati. A quel punto Geronzi si è convinto a anticipare gli eventi.
Secondo alcune versioni anche nei confronti di Bollorè sarebbe stata sondata la possibilità di dimissioni, almeno dalla carica di vicepresidente. Ma non con particolare accanimento. Bollorè con la sua astensione sui conti 2010 del Leone e i dubbi espressi sulla vicenda ceca delle Generali è stato all'origine delle recenti polemiche. Ma è anche il rappresentante degli azionisti francesi di Mediobanca ed una prova di forza da parte, tra gli altri, dell'ad di Piazzetta Cuccia avrebbe aperto un altro fronte. Del resto il finanziere bretone si sarebbe presentato in consiglio con un ramoscello d'ulivo. «Se Isvap e Consob sono soddisfatte delle risposte ricevute da Generali - avrebbe detto – non ho nulla da aggiungere». E così ha mantenuto la sua vicepresidenza. All'uscita dalla sede delle Generali ha accolto con un sorriso i cronisti: «va tutto bene».
Il cda di Generali ed il successivo esecutivo sono state riunioni brevi, servite soprattutto per attribuire al Group Ceo Giovanni Perissinotto le contestate responsabilità (su comunicazione e rapporti istituzionali) che Geronzi aveva ricevuto lo scorso anno. Il prossimo presidente delle Generali sarà effettivamente privo di ogni delega. E dovrà andare d'accordo con con un Ceo che, a questo punto, concentra tutti i poteri. Perissinotto è il vero vincitore di questa partita. La sua leadership era stata messa in discussione dalle sortite del presidente, soprattutto da quella intervista al Financial Times nella quale l'ex presidente suggeriva scelte d'investimento (ad esempio nel settore bancario) diverse da quelle indicate dai manager operativi. Ed anche nelle sortite di Bollorè qualcuno aveva intravisto una regia comune. Con il chiarimento al vertice ora le responsabilità sull'andamento della compagnia e sulla performance del suo titolo riposano ormai sulle spalle del Ceo. Ieri la Borsa ha reagito con entusiasmo ed anche l'alleato ceco Ppf si è augurato una nuova fase in cui la compagnia «possa tornare a concentrarsi nuovamente sul suo business».
Quanto a Geronzi esce di scena prima ancora di poter partecipare ad un'assemblea degli azionisti. E non è neppure chiaro se avrà diritto al paracadute d'oro (5 milioni) previsto in caso di mancata riconferma dopo il primo mandato. «Amo le cose complesse, se non non mi intrigano», aveva detto lo scorso anno al momento della sua nomina. Questa volta però è rimasto intrappolato nella complessità del suo stesso gioco.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Permalink
Listino azionario italia
Moved Permanently
The document has moved here.
Principali Indici
Moved Permanently
The document has moved here.
Moved Permanently
The document has moved here.
Ultimi di sezione
-
banche
«UniCredit più forte sul capitale con la crescita dei profitti»
-
tlc & media
Telecom, accordo sui contenuti con Mediaset
di Antonella Olivieri
-
trimestrali
Chrysler accelera nel II trimestre
di Andrea Malan
-
finanza
Mediobanca rileva il 51% di Cairn Capital. Utili in crescita del 27%, il titolo brilla in Borsa
-
la giornata dei mercati
Borse positive dopo i dati Usa, Milano +1,87%. Banche a picco ad Atene - Mediobanca fa shopping e sale (+6%)
-
ACQUISIZIONI
PartnerRe, Exor vince la partita
di Marigia Mangano