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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 07:38.

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(Afp)(Afp)

di Isabella Bufacchi
Già il nome desta sospetto: lo strumento derivato letteralmente "deriva" prezzo e valore da tassi d'interesse e di cambio, debiti e prestiti, materie prime e metalli preziosi, azioni, indici e persino altri derivati. È una conseguenza, un'appendice.

I sospetti aumentano quando il derivato viene scambiato over-the-counter (otc) cioè fuoriborsa, negoziato fuori da piattaforme e circuiti regolamentati. I derivati con targhetta Otc, principalmente gli swap, mancano di quotazioni ufficiali e prezzi trasparenti, non sono garantiti dalla cassa di compensazione con versamento di margini giornalieri, a fronte delle perdite anche potenziali per annullare il rischio controparte. Al giugno 2010 - ultima statistica Bri - i derivati fuoriborsa avevano un valore nozionale (entità delle passività o attività sottostanti) di poco inferiore a 600.000 miliardi di dollari, di cui circa 440.000 in swap.

L'Isda, l'associazione mondiale degli operatori in derivati otc, stima che dopo il netting (compensazione delle posizioni tra due controparti) il rischio di credito di questi contratti è pari a 3.600 miliardi di dollari, 2.430 miliardi di euro. Tenuto conto che il 70% dei derivati fuoriborsa tra istituzioni finanziarie è garantito da attivi collaterali, il rischio di credito di swap e affini è quantificato in 1.100 miliardi di dollari, circa 750 miliardi di euro: pari alla somma del default di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna.

Negli ultimi 12 mesi, intanto, i volumi sono tornati a salire a ritmi sostenuti. Una dimensione monstre che, proprio a causa dell'opacità e natura sfuggente dei derivati, preoccupa autorità di controllo e governi in tutto il mondo: swap e derivati otc sono visti come fonte di rischio sistemico e quindi destinatari di una "rivoluzione regolamentare".

È però il paradosso. Gli strumenti derivati nascono per gestire i rischi e proteggere istituzioni finanziarie, stati, aziende, multinazionali e risparmiatori dall'andamento avverso di cambi, merci, tassi, prezzi di azioni oppure obbligazioni. E invece sono loro stessi un rischio. Questo perché sono stati "snaturati" quando hanno cessato di servire ai soli fini di copertura e si sono prestati alla speculazione, alimentando le scommesse sull'andamento dei mercati e quindi le opportunità di profitto o i rischi di perdita. Nulla di illecito, ma questo ha fatto sì che i derivati e i loro utilizzatori siano lievitati, tra copertura, speculazione e arbitraggio. I volumi dell'industria dei derivati, regolamentati e non, sono in costante crescita: neppure la più grande crisi economico-finanziaria dal dopoguerra, scaturita nel 2007 dalla finanza strutturata delle cartolarizzazioni sui mutui subprime, li ha messi fuori uso. E nessuno, in verità, intende sopprimerli. Solo domarli.

I derivati "buoni", come i futures, sono stati inquadrati in un sistema collaudato da decenni per evitare l'opacità e disinnescare il rischio-controparte. Sono negoziati in Borsa con contratti standardizzati che garantiscono quasi sempre la liquidabilità (compravendita per grandi volumi) e quotazioni trasparenti. Per ogni contratto future, una delle due controparti è sempre la cassa di compensazione, la "clearing house" che durante la giornata o a fine seduta calcola le perdite della controparte operatore finanziario e pretende il versamento di margini a fronte delle perdite virtuali. Margini che si riducono o si annullano quando le perdite svaniscono ma che si attivano quando i contratti chiudono in perdita. Se una controparte fallisce, il future viene sempre onorato. Annullato il rischio di credito, i futures sono entrati comunque nell'occhio del ciclone: sulle commodities sono additati per aver esasperato, a fini speculativi, il rialzo dei prezzi delle materie prime, come petrolio e prodotti alimentari. La stretta dei regolatori è in arrivo e sarà inevitabile.

Nel mirino delle autorità sono ora finiti i derivati Otc. Gli swap per esempio in Italia sono oggetto di contenzioso tra le banche, la clientela Pmi e gli enti locali. Serve a tutt'oggi un chiarimento da parte degli organi di controllo o del Mef che aiuti a identificare con esattezza la remunerazione del servizio bancario e la copertura dei costi e dei rischi ai quali si espone la banca, all'interno delle condizioni del contratto.

Agli swap e ai derivati Otc verrà imposta in prospettiva la registrazione delle operazioni, la trasparenza di volumi e prezzi, la standardizzazione dei contratti, la negoziazione in Borse regolamentate, a clearing house e il pagamento di margini. Perché il rischio sistemico, come emerso dalle cartolarizzazioni subprime, si nasconde tra le pieghe della complessità e opacità finanziaria.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com

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