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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 16:00.

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Brutto momento per Vincent Bolloré. L'industriale bretone, azionista di Mediobanca e vicepresidente di Generali, "dà sui nervi agli italiani", scrive Les Echos, anticipando un'atmosfera tesa all'assemblea generale del gruppo assicurativo in programma sabato a Trieste. Una parte dell'establishment italiano è "contro di lui", tanto che la sua presenza in Italia rischia di essere minacciata.

"Anche se non c'è nessuna mozione di sfiducia nei suoi confronti, una cosa è certa: la sua popolarità è andata a rotoli". Il corrispondente a Roma di Les Echos, Guillaume Delacroix, racconta come la battaglia sulla governance di Generali ha "offuscato l'immagine" dell'uomo d'affari francese, che nell'aprile 2010 aveva "fortemente" contribuito a far nominare Cesare Geronzi alla presidenza di Generali e che ai primi d'aprile di quest'anno è stato messo in minoranza e "non ha potuto che assistere, impotente," alla sua espulsione.

La situazione è precipitata, ricorda il quotidiano, quando il 16 marzo, al consiglio d'amministrazione di Generali, Bolloré si è rifiutato di approvare il bilancio d'esercizio 2010, denunciando "mancanza di trasparenza" dopo avere appreso che il gruppo aveva assunto impegni per 3 miliardi di euro nell'Europa dell'Est, attraverso una joint venture con il miliardario ceco Petr Kellner. Bolloré considera l'ad Giovanni Perissinotto il principale "colpevole". Pensa di essere sostenuto nel suo attacco da Geronzi, ma questi "trova che sia andato troppo in là". Isolato, Bolloré si astiene sul bilancio. Oramai una parte dell'establishment italiano, scrive Delacroix, vuole per lui il "castigo pubblico".

"È l'inizio di un disamore tra l'industriale bretone e l'Italia?", si domanda Les Echos, ricordando come, passo dopo passo, Bolloré si è fatto strada nella penisola. Entrato con una "forzatura" in Mediobanca nel 2002, grazie all'acquisizione di quote nella banca Lazard "era diventato il francese più conosciuto d'Italia".

Era diventato il "capofila degli azionisti stranieri di Mediobanca, che hanno l'11% delle azioni", fa notare a Les Echos un industriale lombardo. "Con solamente il 5% a titolo personale, ha più potere delle famiglie italiane presenti nel capitale".

Fino a quest'inverno – osserva il cronista - non si poteva fare niente senza di lui, che era apprezzato sia per le sue qualità di finanziere che di industriale. Ma una serie di "passi falsi" fanno inceppare la macchina. Il primo "grosso errore" (secondo Diego Della Valle, suo grande nemico nel Cda di Generali) è stato quello di Premafin: Bolloré era salito al 5% della holding Premafin per aiutare Groupama a impossessarsi dell'assicuratore FonSai. In ottobre, Groupama trova un accordo con l'azionista storico, Ligresti. Ma in marzo l'operazione salta per iniziativa degli italiani, su richiesta, pare, del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Poi, all'inizio di aprile, Bolloré ha conosciuto "una delle sue peggiori giornate" in Italia, quella dell'allontanamento di Geronzi.

Ormai è evidente, constata Les Echos: Bolloré "irrita coloro che pretendono di incarnare la borghesia produttiva", al punto che, a Milano e a Roma, si sospetta che utilizzi Generali per spostare le quotazioni di Havas in Francia. Molti fanno notare la contraddizione di essere nel board della Generali e nel contempo cercare di intervenire presso il concorrente FonSai e "forse lavorare sottobanco per conto di Axa".

"Quello che vogliono gli italiani è di continuare a fare i loro piccoli affari a porte chiuse senza essere disturbati", dice il miliardario franco-tunisino suo amico Tarak Ben Ammar, elencando i conflitti d'interesse che riguardano gli amministratori di Generali.

Les Echos si interroga sul perché, dopo tante vicissitudini, Bolloré continui ad andare avanti e indietro in Italia. E, citando Il Sole 24 Ore, sottolinea che sulle sue partecipazioni italiane ha minusvalenze latenti per circa 50 milioni di euro. Bolloré dice che non cederà niente prima del 2022, quando compirà 70 anni. "A meno che la politica non s'immischi", osserva il quotidiano: Tremonti infatti, secondo Les Echos, vuole spostare gli equilibri economici a favore di Unicredit, a scapito di Mediobanca e di Bolloré "di cui spera apertamente l'espulsione".

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