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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 09:25.

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Spettro Etf sulle banche europee (Marka)Spettro Etf sulle banche europee (Marka)

In America, dove il prodotto è nato negli anni '90, su 1.146 Etf oltre l'80% (923) è a replica fisica e solo il residuo 20% è a replica sintetica. Anche perché oltre Oceano la Sec (Securities and exchange commission) da marzo 2010 ha annunciato di voler avviare un'attenta analisi sull'utilizzo di derivati da parte degli Etf e dei fondi comuni tradizionali, impedendo di fatto lo sviluppo di prodotti che utilizzano swap e altri strumenti finanziari scambiati fuori dai circuiti regolamentati.

Meglio prima che dopo
Se in termini di numero di prodotti (1122 rispetto a 1146) il mercato europeo ha ormai quasi colmato il gap rispetto al pionieristico mercato americano, in termini di masse il Vecchio continente deve fare ancora molta strada. Su 1.400 miliardi di dollari gestiti a fine marzo 2011 con gli Etf nel mondo, ben 1.000 miliardi sono in pancia agli Etf emessi in America (di cui 950 miliardi tra Nasdaq e New York Stock Exchange). In Europa siamo ancora "fermi" a 308 miliardi, ripartiti per il 55% su Etf fisici e per il 45% su Etf swap based. A dimostrazione che quelli senza swap sono più apprezzati, nonostante ormai in termini numerici in Europa siano in netta minoranza.

Dopo la recente crisi finanziaria, in cima ai pensieri degli investitori istituzionali – tra i principali utilizzatori degli Etf, compresi i gestori di fondi comuni tradizionali – c'è il rischio di controparte sottostante uno swap (Lehman Brothers docet), nonostante negli Etf europei la normativa Ucits limiti al 10% del valore del patrimonio del fondo (quotato e no) il rischio di controparte. Ma prima che il mercato europeo esploda anche in termini di masse, le autorithy hanno quindi lanciato il monito per frenare il cammino verso l'utilizzo sfrenato di strumenti derivati per riprodurre la performance dell'indice sottostante l'Etf.

Una differente interpretazione del "fondo replicante" tra America ed Europa, che deriva anche dalla categoria di operatori finanziari che fabbricano gli Etf sulle due sponde dell'Atlantico. A scorrere la classifica dei principali emittenti di Etf nel mondo (vedi tabella a lato) appare evidente che in America sono gli asset manager, ovvero i gestori, a dominare la scena. Da BlackRock, Vanguard, Invesco e la stessa State Street, benché molto attiva anche come banca depositaria.

Tutto in casa
In Europa, invece, sono soprattutto le banche d'affari che hanno deciso di lanciarsi nel business degli Etf e questo spiega il forte utilizzo di swap negli Etf di matrice europea. Grandi gruppi finanziari integrati che hanno al loro interno le diverse strutture per rendere ancora più profittevole un business che, per stare in piedi, necessita di masse critiche di grandi dimensioni, visti i bassi livelli commissionali che vengono caricati sull'investitore finale.

All'interno della grande banca è possibile trovare sia l'emittente, sia la struttura di investment banking con cui realizzare lo swap, sia il market maker (soggetto incaricato in Borsa a garantire la negoziabilità dell'Etf) e, in certi casi, anche la banca depositaria che fa il controllo e la valorizzazione dei titoli in portafoglio, compreso quando sono posti a garanzia del sottostante. Un potenziale conflitto di interessi che è stato denunciato a chiare lettere nel paper del Financial Stability Board.

I primi emittenti europei di Etf sono Société Générale e Deutsche Bank, rispettivamente con 54,5 e 51,8 miliardi di dollari. Due entità che fanno senza nascondersi della replica sintetica il loro pezzo forte: i 222 prodotti targati Lyxor (SocGen) e i 168 emessi con il marchio Db X-trackers (Deutsche Bank) utilizzano tutti una parte del patrimonio in swap per ottimizzare la replica dell'indice di riferimento dell'Etf. E nonostante l'alto livello di trasparenza raggiunto dal settore (si veda anche l'inchiesta pubblicata oggi su «Plus24», il settimanale di risparmio e investimenti del «Sole 24 Ore» in allegato come ogni sabato al quotidiano), il legislatore non è ancora soddisfatto e invita il settore a un ritorno alle origini. Prima che l'Etf perda definitivamente la sua natura di prodotto semplice ed efficiente, per diventare potenziale fonte di riproduzione di titoli tossici.

gianfranco.ursino@ilsole24ore.com

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