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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 14:56.

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Oro, argento e petrolio. Queste pazze pazze materie prime. Dove andranno? Consigli per gli investitoriOro, argento e petrolio. Queste pazze pazze materie prime. Dove andranno? Consigli per gli investitori

«La volatilità sulle materie prime è altissima. Bisogna capire perché stanno diventando un asset class». A parlare è Jean-Claude Trichet, governatore della Bce. Ma che la volatilità sul mercato delle commodities sia altissima lo dicono anche i mercati. La scorsa settimana l'argento è crollato in poche ore dell'8%, il petrolio è scivolato sotto i 100 dollari e l'oro si è abbassato di circa 100 dollari rispetto al suo massimo storico.

La domanda è se la burrasca che ha colpito le materie prime che fanno girare il mondo (industriale e finanziario) sia solo un piccolo, fisiologico, storno in un'ampia cornice rialzista oppure se dietro si nasconda l'avvisaglia di una prolungata inversione al ribasso.

I fattori che spingono nel lungo periodo le materie prime
A giudizio degli operatori nel lungo periodo le materie prime sono ben sostenute da ragioni fondamentali. Nel breve o medio, però, potrebbero restare preda della volatilità. E non è pertanto detto che i prezzi attuali siano i migliori per "entrare" in una posizione di investimento. «Il ciclo dei prezzi delle principali materie prime è trainato soprattutto dallo sviluppo economico nei mercati emergenti. La tendenza a lungo termine è rialzista perché i driver sui prezzi, ovvero la crescente domanda, la liquidità abbondante a causa di bassi tassi di interesse e dell'allentamento quantitativo dei paesi occidentali, i timori di inflazione e il dollaro debole, ci sono ancora tutti», spiega Thomas Liebi, chief economist di Swisscanto.

I fattori di rischio
«Il principale rischio di ulteriori aumenti dei prezzi è un significativo rallentamento economico dei mercati emergenti - continua Liebi -. Cina soprattutto. Va detto, però, che anche qualora la crescita in Cina dovesse rallentare nei prossimi trimestri i tassi di crescita attesi sono ancora abbastanza per mantenere alta domanda di materie prime».

È finita la corsa all'oro?
Detto questo analizziamo, nel dettaglio, le materie prime che interessano più da vicino gli investitori, dato che sono acquistabili anche da piccoli risparmiatori attraverso fondi comuni di investimento e, soprattuto, Etf ed Etc (fondi passivi che replicano l'andamento di indici di materie prime, guarda la classifica) e certificati. Cominciamo dall'oro, da anni in costante crescita. Il 28 aprile ha toccato il massimo storico a 1.532 dollari l'oncia. Durante la tempesta di inizio maggio è sceso a 1.440 dollari. Adesso ha ripreso quota e viaggia a 1.523,82 dollari, il 7% in più da inizio anno, il 26% rispetto a 12 mesi fa.

«Sull'oro agisce sia una componente industriale che una monetaristica dato che è utilizzato come riserva da parte di molte banche centrali - spiega Federico Mobili, gestore azionario di Bnp paribas investment partners -. Sta continuando a salire da 10 anni anche grazie alle banche dei paesi emergenti che hanno riserve inferiori rispetto agli istituti occidentali e stanno colmando il gap. Un altro punto di forza: ad oggi è lo strumento più utilizzato dagli investitori, non solo banche centrali, ma anche operatori istituzionali fra cui anche fondi hedge, per coprirsi dal rischio di inflazione. Un terzo punto di forza: anche se molti pensano che ci sia una bolla così non è perché proprio analizzando gli asset degli investitori istituzionali l'oro risulta ancora sottoinvestito. Pertanto - continua Mobili - credo che nel breve, 2-3 mesi, potrebbe scendere anche a 1.400 complice la volatilità ma è ipotizzabile, considerati i fondamentali, che il prezzo dell'oro arrivi a quota 2.000 dollari in 3-4 anni».

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